La violenza sulla donna la troviamo nelle notizie di cronaca soltanto quando raggiunge il suo apice. Quando c’è uno stupro o un femminicidio. Ma la violenza sulla donna si consuma ogni giorno, spesso sui luoghi di lavoro e molto spesso nel commercio. Perché le donne del commercio sono circa l’80% e quasi sempre ricoprono ruoli di subordine.
E allora oggi, giornata mondiale contro la violenza sulle donne vorrei ricordare, ché:
- non poter badare al proprio figlio nei giorni di festa è una violenza,
- non mandare in bagno una commessa per l’intero turno di lavoro è una violenza,
- farla pisciare in un secchio in magazzino è una violenza,
- discriminarla negandole l’assunzione se dichiara di volere una futura famiglia è una violenza,
- costringerla alle dimissioni dopo il parto è una violenza,
- subordinare la sua promozione a favori sessuali è una violenza,
- umiliarla davanti ai clienti e ai colleghi è una violenza,
- costringerla a lavorare gratis oltre il turno di lavoro è una violenza,
- farle firmare le dimissioni in bianco è una violenza,
- farla lavorare in nero è una violenza.
Mi fermo qui, ma potrei continuare per altri mille e mille caratteri. Non basta denunciare, non basta. La risposta più efficace a queste violenze è quella della difesa collettiva, della difesa da “branco civile”: evita quel difficile ed incerto percorso legale, è più rapida e soprattutto ci rende migliori. Ci rende tutti migliori!
Con l’augurio che questo 25 novembre duri tutto l’anno.