E’ successo tutto all’improvviso… Era una fredda e soleggiata giornata d’autunno, era il 25 novembre dell’anno 2012. Un comunicato stampa nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne ed il riflettore era acceso, tanto imprevisto che ci ha quasi accecato.
Ma facciamo un passo indietro. Immersi in una delle tante vertenze decidemmo, con un gruppo di cassiere della Coop, di creare una sorta di laboratorio, capace di mettere insieme le varie esperienze vissute da ciascuna nel proprio luogo di lavoro; il tutto finalizzato alla stesura di una lettera aperta da indirizzare alla testimonial della Coop di allora, Luciana Littizzetto.
Giorni difficili per me, la mia stanza divenne il quartier generale di un manipolo di donne, determinate a portare a galla la realtà ben diversa dall’ambiente “accattivante e simpatico” descritto negli spot della “Lucianina” nazional-popolare. Insomma, per me sono stati giorni di piacevole esilio e ogni mio sconfinamento era cassato in maniera sempre più decisa man mano che la lettera prendeva forma.
Quando il laboratorio terminò, ci rendemmo conto di quanto quelle poche parole fotografassero la situazione in maniera perfetta, come nel migliore dei film neorealisti caratterizzati da trame ambientate in massima parte fra le classi disagiate e lavoratrici. Con poche e semplici parole quelle donne, determinate e “terribilmente incazzate”, sono riuscite nell’intento di evidenziare tutte le contraddizioni di uno degli spot pubblicitari più azzeccati degli ultimi anni.
Quelle poche e semplici parole hanno minato profondamente l’identificazione tra marchio e consumatore, quella simbiosi tra i valori di un’azienda della grande distribuzione e le scelte d’acquisto di chi decide di farvi la spesa. Quelle poche e semplici parole hanno ribaltato le intenzioni dello Spot che faceva appello al tradizionale familismo tutto italiano, tirando in ballo gli aspetti emotivamente più profondi nelle scelte di consumo attraverso la ricerca spasmodica dell’identificazione valoriale dei prodotti selezionati per noi sugli scaffali. Che dire, rimanemmo a bocca aperta: mai ci saremmo aspettati tanto clamore.
Torniamo a quella fredda e soleggiata giornata d’autunno del 25 novembre 2012. Avevamo lanciato il comunicato stampa intorno alle 15.00, con poche aspettative in realtà: era pur sempre la vigilia della giornata internazionale contro la violenza sulle donne e sperare in uno spazio informativo che guardasse alle donne e al lavoro, al di fuori della retorica giornalistica che si ripete fine a se stessa ogni anno, era l’equivalente del cercare l’ago nel pagliaio.
A volte però l’ago brilla alla luce più della paglia. Verso sera ero a passeggio con la mia cagnolona, Margot, il rumore delle foglie cadute nella fredda giornata d’autunno che faceva da sottofondo ed il pensiero che si spostava distratto a quel comunicato stampa inviato con un click di mouse qualche ora prima. La mano correva allo smartphone, sul display la ricerca di Google, digitai “donna”, “coop” e “Littizzetto” e restai a bocca aperta… “Circa 43.600 risultati (0,47 secondi)”, il riflettore era acceso, la notizia, per qualche strano incastro del destino, è stata l’apertura di molte prime pagine dei quotidiani del 26 novembre 2012 e la condizione delle cassiere della Coop è emersa in tutta la sua brutalità, fino ad arrivare in TV.
Il resto della storia si può facilmente cercare on line, basta digitare “donna”, “coop” e “Littizzetto” e si possono scorrere i “Circa 43.600 risultati (0,47 secondi)”. Questa breve storia ci insegna che mettere in comune i problemi e le rivendicazioni, riuscire ad uscire dall’individualismo che ci viene inculcato dall’alto, ci permette di mettere in crisi una multinazionale e battere con la comunicazione orizzontale finanche le patinate agenzie pubblicitarie.
Ma la Coop non è l’azienda leader nello sfruttamento. Sebbene cambino i linguaggi a seconda della nazionalità di provenienza, la filosofia organizzativa messa in atto dalle multinazionali del commercio è la stessa e tende a comprimere verso il basso il salario ed i diritti dei lavoratori, finanche quello di far pipì.
Sarebbe interessante sentire le vostre storie perché alla cassa tutto il mondo è paese. Potremmo aprire una sorta di “laboratorio virtuale” interaziendale, un luogo di scambio capace di raccogliere le testimonianze di altre cassiere che si sentono condannate all’invisibilità ed alla solitudine. Potremmo cominciare da qui, utilizzando l’anonimato che ci mette a disposizione la rete …
…Chissà, magari si accende un altro riflettore.