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All’Outlet di Castel Romano è andato a fuoco il lavoro

Deborah ieri era sul treno ROMA TERMINI/NETTUNO e mi racconta che gli annunci dicevano espressamente che nessun mezzo avrebbe fermato a Pomezia. A Milano anche i Tg locali diramavano “allerta”… “e i lavoratori dell’Outlet di Castel Romano devono rimanere ad intossicarsi perché qualche psicopatico ha voglia di fare shopping?” Insomma, all’interno di quel maledetto Outlet va a fuoco il lavoro:

Si avvisano i signori viaggiatori che i treni da e per Pomezia sono soppressi a causa di un incendio e nessun treno fermerà in stazione.

Ieri la mano correva allo smartphone, l’ANSA non riportava ancora la notizia e allora chiamo le lavoratrici Calvin Klein. Sono bloccate nel negozio in attesa che venga dato l’ordine di riapertura, ma Pamela è già in ospedale.

Di nuovo chiedo soccorso allo smartphone, cerco il numero della direzione dell’Outlet, “chiama”; mi risponde un’impiegata, una… due… tre volte e mi assicura che il direttore mi avrebbe richiamato a breve, ma il direttore non mi ha mai chiamato.

Si continua a lavorare per spegnere il maxi incendio divampato in un’azienda di smistamento di materiali in plastica e carta su via Pontina, vicino Roma. Secondo quanto si è appreso, le operazioni di spegnimento potrebbero concludersi stasera o anche lunedì mattina. E a Castel Romano anche oggi i lavoratori sono esposti ai fumi di chissà quale sostanza.

Il fuoco ha bruciato il lavoro. Ma il fuoco è il frutto avvelenato della carenza dei controlli sulla salute e la sicurezza, primo dei costi aziendali ad essere “limato” all’alba della crisi. Si, perché uomini e donne che lavorano non sono considerati altro che un mezzo di produzione, al pari di un aeroplano, di uno scaffale, di una merce. E se bruciano, muoiono, si usurano, che importa? Tanto c’è l’assicurazione che paga.

Questo è ciò che rimane del diritto al lavoro. Ma il lavoro dovrebbe avere come funzione, nella società e negli intenti costituzionali, quella di produrre ricchezza materiale e morale per la persona. Non dovrebbe essere merce necessaria alla massimizzazione dei profitti, un mero fattore di produzione; ma dovrebbe rappresentare parte della realizzazione dell’individuo (e quindi della società tutta) e delle sue aspirazioni materiali e spirituali. E’ dovere di ognuno di noi lottare per riconsegnare al lavoro, ma prima ancora a noi stessi, quella dignità sempre più violentata.

A Pomezia brucia il lavoro, sì, ma a Pomezia sono andate a fuoco anche la salute e la sicurezza: per intervenire nelle zone colpite, infatti, sono stati impegnati lavoratori a cui non sono state fornite la minime protezioni necessarie per far fronte ad un evento tanto grave, esponendo gli stessi alle polveri sottili senza conoscerne la natura.

Tante donne e tanti uomini, costretti a prestare servizio all’Outlet di Castel Romano, hanno accusato dei malori e alcuni sono dovuti ricorrere alle cure mediche. Insomma, ancora una volta come per l’ILVA di Taranto, siamo ancora di fronte all’eterno dilemma: salute o lavoro. Perché entrambe le cose non le meritiamo, e poi costano troppo. E se avveleniamo una città e i suoi cittadini che importa? E’ il prezzo da pagare per il loro progresso.

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