Cancro: il lavoro che toglie a Simona il diritto alla cura

Lavoratrici e lavoratori affetti da un un maledetto cancro. Un cancro che basta a giustificare un licenziamento o a far incorrere in sanzioni disciplinari. Donne e uomini a cui di fatto è impedito il diritto alla cura.

Mentre leggo le parole di Simona B. provo tanta rabbia e tanto dolore; quella rabbia e quel dolore che sono tatuati sui molti del “mondo di sotto”, sempre più schiacciati dagli interessi dei politicanti e degli imprenditori senza scrupoli. Già, perché questa merda di società ci impone il suo modello che non prevede la libertà, la dignità, la solidarietà, la giustizia sociale e Simona la sua battaglia l’ha combattuta e persa in solitudine.

Dopo averla contattata telefonicamente, vi lascio alle sue toccanti parole e vi esorto a combattere una battaglia che ci riguarda tutti, nessuno escluso. Simona vuole gettare un sasso nello stagno e spero che voi diveniate quella serie di piccole onde che si allargano a cerchi concentrici. Perché la ferita di Simona è anche la nostra ferita. Perché un mondo così fa schifo, fa schifo davvero!!

Salve Francesco, oggi per caso mi sono imbattuta nel suo Blog…
Io ho terminato la mia chemio il 9 ottobre 2015. Per fortuna tutto bene o quasi dal punto di vista clinico, ma dal punto di vista lavorativo la gestione della malattia è stata umiliante e dal lato economico è stata penalizzante. Ho fatto anche ricorso in tribunale ma l’ho perso.
Si, l’ho perso perché, per le leggi dello Stato Italiano: un malato di tumore non ha diritto ai giorni di permesso concessi dalla Legge 104 a meno che non stia per morire. Un malato di tumore, mentre si cura, deve stare a casa, altrimenti assentarsi solo il giorno della chemio equivale a dire che, in fondo, i fastidi non sono così importanti. Ma uscire, prendere aria, passeggiare fa parte della cura, a detta di tutti gli oncologi.
Ad oggi faccio davvero fatica a capire perché una persona che fa la chemio, che per inciso ho fatto per tre mesi ogni settimana e poi per 9 mesi ogni tre settimane, non ha diritto ad avere la 104 art.3 comma 3. Io ho voluto lavorare per la mia salute mentale e per dimostrare ai miei figli e mio marito che, in fondo, non stavo così male, nonostante questo fosse il mio terzo tumore (e tre tumori in 43 anni di vita sono tanti, talmente tanti che il medico presidente di Commissione in sede di valutazione mi si è rivolto con queste precise parole: “Signora lo sa che al terzo tumore le regalano una bambolina?”.
Questo, in termini concreti, ha comportato per me (lavoratrice del settore privato, contratto del commercio), che i giorni di chemio non mi sono stati riconosciuti al 100% sulla busta paga; che mio marito, per accompagnarmi, ha dovuto prendere le ferie perché io non avevo la 104 e una volta finita la terapia, mi addormentavo come un sasso quindi, anche volendo, non sarei stata in grado neanche di prendere un taxi; che, finite le ferie di mio marito, sono stata costretta a chiedere aiuto ad altri componenti della famiglia; che sono stata costretta a fare la radioterapia dopo l’orario di lavoro.
In conclusione, se dopo l’intervento non fossi mai tornata a lavoro avrei avuto tutta la copertura necessaria. Siccome ho deciso di lavorare, perché fare una vita normale abbassa la possibilità di recidive della malattia, sono stata “punita”.
Dulcis in fundo, il patronato cui mi sono rivolta mi ha fatto notare che il mio piglio e la mia grinta non si addicevano ad una malata. Se avessi pianto almeno un po’ e fossi andata davanti alla Commissione per la visita senza parrucca magari…
Quindi ho avuto un riconoscimento della 104 art.3 comma 1 che non ho davvero capito a cosa sia servito. a parte l’esenzione dal ticket al 100%. Ma l’esenzione è temporanea e questo, alla faccia dei medici della commissione dell’Inps che mi hanno visitata in 5 minuti e hanno fatto battute fuori luogo, me lo auguro davvero!!
Simona

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2 Comm.

  1. è talmente umiliante essere valutati,giudicati,offesi, derisi,in questa società di merda..cominciando dai datori di lavoro,che appena sanno della malattia non vedono l’ora di toglierti dai piedi manco fossi un sacco della spazzatura….visto che non possono spremerti più come un limone…per non parlare poi dei medici delle commissioni inps,pronti a dirti poverino o poverina,ma che non esitano a toglierti quell’invalidità appena vai a visita…spero con tutto il cuore ….e lo dico sapendo di bestemmiare ..che tutte queste persone che non capiscono il male che fanno con il loro comportamento ci passassero pure loro x questi percorsi tortuosi che la vita ci offre..x vedere cosa vuol dire sentirsi scarto della società solo x aver avuto la sfortuna di lottare queste battaglie cosi lunghe e dolorose…un abbraccio a tutti coloro che in questo momento stanno lottando…

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