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Checco Zalone: “Quo Vado?”… a lavorare!

Mi irritava il solo pensiero di vederlo il Film “Quo Vado?” di Checco Zalone. Mi irritava perché lo trovavo pericoloso e funzionale all’attacco spietato a lavoratori di stato e degli enti locali. Sarebbe ingenuo pensare che un film di questa natura, esca nelle sale nel pieno dell’aggressione governativa agli assenteisti della pubblica amministrazione e il tutto sia frutto di una pure combinazione.

Insomma, si spara nel mucchio, e lo si fa da anni ormai. Un fuoco che non risparmia nemmeno i precari, con i vari attacchi alle stabilizzazioni “facili”. Nell’immaginario collettivo i lavoratori pubblici sono ormai per tutti “i Fannulloni”. In Italia è caccia all’odiato dipendente pubblico. Fannullone maledetto.

Questa facile generalizzazione, però, ha presa sull’opinione pubblica e il fuoco dei media rafforza un odio del tutto ingiustificato per questa composita categoria di lavoratori. Il gioco è abbastanza banale: gli attacchi ai pubblici dipendenti e ai lavoratori privati si alternano negli anni, per abbassare le tutele di tutti.

Ma quanti di voi si sono mai soffermati a pensare che i lavoratori pubblici hanno i contratti, e di conseguenza i salari, non rinnovati da oltre 6 anni? Che il turnover è bloccato e non ci sono ricambi generazionali da una vita? Che molto del lavoro pubblico è appaltato ad aziende e cooperative private? Che le colpe delle inefficienze sono delle dirigenze? E poi, chi sono i dipendenti pubblici?

Vigili del fuoco sempre più precari; infermieri e portantini con carichi di lavoro assurdi; cancellieri di tribunale seppelliti dalle pratiche arretrate di una giustizia allo sfascio; autisti del trasporto pubblico picchiati e vilipesi per colpa della mala gestione dei comuni; maestre precarie che vivono alla giornata… E potrei andare avanti per ore.

E chi usufruisce del loro lavoro? Noi cittadini, che subiamo ogni giorno un attacco al welfare senza precedenti. Che dobbiamo sperare di non trovarci in mezzo ad un incendio, di non ammalarci mai, di non finire nella kafkiana giungla giudiziaria, di non aver bisogno dei trasporti pubblici, di avere la fortuna di assicurare ai nostri figli dei servizi educativi e scolastici all’altezza.

Insomma, visto il film tanto discusso, ho confermato tutte le mie pessime sensazioni. Certo, Checco Zalone ha sbancato il botteghino: un film campione di incassi che ha fatto sorridere i più. E a nessuno importa se per farlo, oltre all’attacco al lavoro e ai lavoratori, nel film per il comico i neri hanno l’anello al naso, le donne devono pulire, i disabili sono contenti di esserlo per il posto fisso, quelli della Val di Susa sono dei vecchietti rimbambiti, e i vegetariani sono ricchioni.

Non importa a nessuno nemmeno che la gag utilizzata per il trailer del film scherza sul mobbing: reato per cui ci si ammala e a volte si muore. Sai che ti dico, caro Zalone: visto il tuo film voglio rispondere alla domanda: “Quo Vado?”… Vai a lavorare, magari ti viene voglia di farne un altro di film, dalla parte dei lavoratori.

About Francesco Iacovone

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2 Comm.

  1. Lei ha visto il bicchiere mezzo pieno. Il comico deve fare il comico e il sindacalista deve fare il sindacalista. Oggi mancano i sindacalisti con le palle e i lavoratori che si impuntano e sono disposti a lottare pur di mantenere il proprio livello salariale (opps, è proprio il succo del film). Non voglio difendere il film ma non sono nemmeno così superficiale da scambiare i particolari da lei citati (che fanno parte delle convinzioni dell’italiano medio, senza scomodare Maccio Capatonda per questo e su cui Checco ci gioca) per il tessuto narrativo. Mi scusi ma ritengo più manipolatorio il suo articolo della pellicola. E in ogni caso, ognuno è responsabile delle proprie scelte, sono entrambe più che legittime anche se non tutti le possono condividere…

    • Caro Pier Giorgio, concordo in parte. Non ci sono molti sindacalisti con gli attributi (ma ci sono), e i lavoratori non sempre sono disposti a lottare (ma se sostenuti a dovere lo fanno). Quel condensato di luoghi comuni, anche se fanno parte delle convinzioni dell’italiano medio, sono di cattivo gusto, e più in generale il film alimenta l’antipatia verso una categoria di dipendenti, molti dei quali sono sottopagati e sottoposti a condizioni di lavoro molto pesanti. E’ vero, a ognuno il suo. Il sindacalista fa il sindacalista, ma il cinema e gli attori dovrebbero far cultura. In questo caso non credo l’obiettivo si stato centrato. Un saluto.

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