Per attenuare la rigidità della collocazione della prestazione di lavoro e disgregare la vita sociale dei lavoratori part-time, l’art.6, D.Lgs. n.81/15 prevede la possibilità di concordare con il lavoratore clausole che, nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, potranno riconoscere al datore di lavoro il potere unilaterale di modificare la collocazione della prestazione ovvero aumentarne la durata.
L’evoluzione normativa dell’istituto
A differenza dei contratti di lavoro a tempo pieno, l’art.5, co.2, D.Lgs. n.81/15, prevede che debba essere indicato puntualmente, oltre alla durata ridotta della prestazione lavorativa, la collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. Definita quindi la collocazione della prestazione, essa non può essere modificata unilateralmente dal datore di lavoro, nemmeno per legittime esigenze organizzative e produttive: l’eventuale modifica unilaterale è illegittima e priva di effetto (si veda, tra le ultime sentenze in materia, Tribunale di Milano, 12 luglio 2011).
La possibile variazione dell’estensione o della collocazione deve essere quindi prevista da un accordo tra lavoratore e datore di lavoro, possibile sia al momento del verificarsi dell’esigenza di modifica sia in via anticipata, generalmente al momento della sottoscrizione del contratto, ma solo per una questione di forza contrattuale del datore di lavoro, con facoltà poi di quest’ultimo di attivare la variazione preventivamente concordata con il lavoratore.
Tali clausole sono appunto definite elastiche e sono regolamentate dal co.6, art.6, D.Lgs. n.81/15.
La materia è estremamente delicata, in quanto la prestazione part-time, se è funzionale per il lavoratore ad avere il tempo necessario per svolgere altra attività, che sia lavorativa, formativa o di assistenza o per gestire la propria famiglia, deve trovare comunque la possibilità di modificarne l’estensione o la collocazione: per questo motivo la regolamentazione di tali clausole non è libera, ma è soggetta a condizioni legittimanti, consistenti nell’esistenza di disciplina della contrattazione collettiva o nella certificazione della clausola.
Le difficoltà a trovare un punto di equilibrio tra le due opposte istanze è testimoniato dalla complicata evoluzione normativa dell’ultimo decennio, con continue modifiche sul punto.
La possibilità di autorizzare la variazione unilaterale era prevista, nel testo originario del D.Lgs. n.61/00, in termini estremamente restrittivi: oltre a essere limitata alla collocazione della prestazione, era riconosciuto al lavoratore un diritto di ripensamento sulla clausola sottoscritta. Con il D.Lgs. n.276/03 (Riforma Biagi), art.46, in modifica dell’art.3, co.7, D.Lgs. n.61/00, fu introdotta la possibilità di autorizzare il datore di lavoro alla variazione, temporanea o definitiva, della collocazione mediante la sottoscrizione delle clausole flessibili, nonché la possibilità di variare l’ammontare della prestazione mediante le clausole elastiche, abrogando il diritto di ripensamento del lavoratore.
La disciplina delle clausole elastiche e flessibili fu successivamente modificata dal c.d. protocollo Welfare (art.1, co.44, L. n.247/07), con il quale fu essenzialmente legata la possibilità di sottoscrivere le clausole elastiche e flessibili a un’espressa previsione da parte della contrattazione collettiva (“i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”).
La Legge di Stabilità, art.22, co.4 (L. n.183/11), ha poi abrogato l’intervento del protocollo Welfare sull’art.3, co.7, D.Lgs. n.61/00, ripristinandone il contenuto così come era stato modificato dalla Legge Biagi.
La disciplina vigente
La disciplina delle clausole per la variazione della collocazione o dell’estensione dell’orario di lavoro è contenuta nel co.6, art.6, D.Lgs. n.81/15: la prima novità che balza all’occhio è di carattere definitorio.
Non viene più riproposta la spaccatura tra clausole elastiche, volte all’ampliamento dell’orario di lavoro, e clausole flessibili, funzionali alla variabilità della collocazione, ma sotto l’ombrello delle clausole elastiche trovano dimora entrambe le situazioni.
Si ritorna, dunque, almeno a livello definitorio, alla situazione antecedente alla riforma Biagi del D.Lgs. n.61/00, dove erano regolamentate esclusivamente le clausole elastiche, che al tempo consentivano di intervenire solo sulla collocazione temporale della prestazione (solo con la Riforma Biagi, e con l’introduzione delle clausole flessibili, le clausole elastiche definivano la possibilità di variare l’estensione della prestazione).
In assenza, fermo restando quanto previsto in materia di lavoro supplementare e lavoro straordinario, il datore di lavoro non può modificare unilateralmente la collocazione e la durata della prestazione lavorativa rispetto a quella stabilita, nemmeno per legittime esigenze organizzative e produttive: l’eventuale modifica unilaterale è illegittima e priva di effetto.
Come anticipato, per poter legittimamente sottoscrivere una clausola elastica è necessario che vi sia una specifica disciplina prevista dalla contrattazione collettiva, di qualunque livello (si veda art.51, D.Lgs. n.81/15), ovvero, in sua assenza, che si certifichi la clausola contrattuale presso le Commissioni di certificazione.
La disciplina delle clausole elastiche
La legge conferma il preavviso minimo per l’attivazione delle clausole elastiche in due giorni (art.6, co.5, D.Lgs. n.81/15).
In esse, ovviamente in forma scritta, dovranno essere definite, a pena di nullità, le condizioni e le modalità con le quali il datore di lavoro può modificarne la collocazione temporale o variarne in aumento la durata: quest’ultima variazione non può eccedere il 25% della normale prestazione annua a tempo parziale. Il limite massimo complessivo consente che vi siano per brevi periodi forti aumenti della prestazione lavorativa.
Le modifiche dell’orario, sia in estensione che come variabilità, determinano in favore del lavoratore una maggiorazione retributiva onnicomprensiva pari al 15% della retribuzione oraria globale di fatto. Ovviamente, nel caso di estensione dell’orario, dovrà essere versata anche la retribuzione ordinaria per le ore di lavoro aggiuntive.
Nel co.7, art.6, D.Lgs. n.81/15, si prevedono una serie di ipotesi in cui il lavoratore ha facoltà di revocare il consenso prestato alla clausola elastica: lavoratori affetti da patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti ovvero che riguardino il coniuge, i figli o il genitore del lavoratore; lavoratore con figlio di età non superiore a 13 anni e con figlio convivente portatore di handicap ovvero lavoratori studenti.
Al comma 8 si specifica che il rifiuto del lavoratore di concordare variazioni dell’orario di lavoro non costituisce giustificato motivo di licenziamento.
Tali ipotesi di revoca si considerano applicabili a prescindere dalle previsioni della contrattazione collettiva.
Si considerano legittime, inoltre, le diverse previsioni della contrattazione collettiva in ordine ai limiti massimi e alle maggiorazioni retributive, pur non brillando per chiarezza il dato normativo dell’art.6, D.Lgs. n.81/15, anche se peggiorative rispetto allostandard definito da un punto di vista normativo, applicabile, quindi, solo per le clausole senza contrattazione collettiva da certificare.
Nel Ccnl Turismo, ad esempio, le ore di lavoro ordinarie, richieste a seguito dell’applicazione di clausole flessibili, sono retribuite, per le sole ore in cui la variazione stessa viene effettuata, in misura non inferiore alla sola maggiorazione dell’1,5%, da calcolare sulla quota oraria della retribuzione, mentre possono essere concordate clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione, entro il limite massimo del 30% della prestazione lavorativa annua concordata con maggiorazione forfetariamente e convenzionalmente determinata almeno nella misura del 31,5% (30% + 1,5%), da calcolare sulla quota oraria della retribuzione.
Consigli gestionali per l’utilizzo delle clausole elastiche
La nuova disciplina del part-time non prevede più, come ormai noto, alcuna specificazione tra verticale orizzontale o misto e, parallelamente, alcuna disciplina specifica per le clausole elastiche o flessibili. Nella disciplina previgente le clausole flessibili riguardavano tutte le tipologie del lavoro part-time — orizzontale, verticale e misto — mentre le clausole elastiche solo il part-time verticale o misto.
L’aumento della prestazione, ad ogni modo, nel part-time orizzontale trova come istituto preferibile il lavoro supplementare, molto più semplice da gestire e da utilizzare (nel silenzio della contrattazione collettiva, viene prevista una regolamentazione normativa dei limiti del potere di richiesta del datore di lavoro, senza la necessità di clausole o accordi con il lavoratore).
Tecnicamente il lavoro supplementare, anche grazie allo svuotamento definitorio operato con il D.Lgs. n.81/15, può essere richiesto anche per il lavoro part-time verticale su base settimanale (es. prestazione solo tre giorni a settimana, forma assai ricorrente), nel caso in cui si chieda un giorno in più di lavoro che, complessivamente, non comporti un superamento dell’orario normale settimanale.
Tuttavia, nel caso si abbia la potenziale necessità di aumentare i giorni di lavoro in modo continuativo, è opportuno regolamentarlo in un clausola elastica, soprattutto se non vi è la necessità di certificare la clausola. Nello stesso modo, nel caso in cui sia prevedibile una necessità di costante aumento della prestazione per periodi consistenti, è opportuno regolamentare tale aspetto con clausola elastica.
Per variare la collocazione, o aumentare la durata per i part-time verticali al di fuori dell’orario settimanale (es. part-time verticale due settimane al mese, a cui viene chiesto di lavorare la terza), viceversa, non c’è alternativa alle clausole elastiche.
In caso di violazione illegittima delle regole sulla collocazione, oltre al diritto di stabilizzare l’orario di lavoro, il lavoratore potrà richiedere il risarcimento del danno, oltre alle maggiorazioni retributive eventualmente non versate.
L’articolo di Luca Vannoni è tratto da “Euroconference Lavoro“
Buonasera,
Le porgo questo quesito:
Lavoro per una multinazionale del settore calzature ,ho un contratto part-time 20 ore con relative clausole di elasticità e flessibilità .
Ho da pochi mesi intrapreso ( con un contratto di 9 ore settimanali presso una scuola superiore )il mio secondo lavoro.
Ora però la mia azienda non mi mette in condizione di conciliare i due orari appellandosi alle famose clausole sopraindicate.
Come faccio a fare un secondo lavoro se sono legato alla mia azienda è proprio così come dicono oppure posso avvalermi di qualcosa secondo il ccnl?
Grazie per l’eventuale risposta
Buongiorno, è l’azienda scolastica che deve adattarsi agli orari della multinazionale del settore calzature,che da quanto mi scrive risulta lavoro preminente avendo un monte ore superiore.
Grazie della risposta
Buongiorno,lavoro a 30 ore con contratto part time orizzontale dal 2011con tre cicli orari dal lunedì al sabato .In fondo mi fu annotato che “In caso di apertura domenicacale ,l orario sarà distribuito da lunedì alla domenica con un giorno di riposo variabile dal lunedì al venerdì. Ora le chiedo se sono tenuta a lavorarrne tutte o le 26 domeniche l anno dato che quando firmai,eravamo aperti solo 2 domeniche al mese .
Grazie
Purtroppo anche tutte.
Buonasera, sono un lavoratore della sanita privata e svolgo il mio lavoro attraverso turni H24 articolati su 3 giorni cosi ripartiti: MATTINA POMERIGGIO E NOTTE.
Ho un contratto part time verticale di 24 ore settimanali con annesse clausole elastiche, dalle quali si evince che il datore di lavoro puo riservarsi in caso di necessita di cambiare il turno di lavoro mantenendo le ore stabilite durante la settimana… ma tuttavia credo che la mia azienda faccia un abuso di queste clausole di flessibilita, in quanto per 2 volte l anno eseguo due mesi di turno jolly dove il mio turno articolato su MATTINA POMERIGGIO NOTTE cambia radicalmente nn seguendo piu l ordine sopra descritto e nemmeno i 6 giorni di riposo il tutto per andare a coprire le ferie dei colleghi in ferie, dopo di che svolgo altri 2 mesi di lavoro a 28 ore settimanali come diurnista svolgendo un turno H24 articolato su MATTINA MATTINA POMERIGGIO POMERIGGIO anche questo per coprire le colleghe in ferie. Secondo lei tutto questo e regolare? Grazie fin da ora Fabio da Firenze
Buongiorno Fabio, dovrebbe leggere il CCNL della Sanità per avere risposte certe.
Buonasera, lavoro come part time nella grande distribuzione. La mia azienda vorrebbe che firmassi le clausole elastiche. Al momento abbiamo un contratto integrativo che mi permetterebbe di disdirle con un mese di preavviso, senza bisogno di una motivazione.
Se in futuro l’integrativo non venisse rinnovato, sarebbe altrettanto semplice la disdetta o dovrei dimostrare di avere dei motivi che rientrino in quelli previsti dal contratto nazionale?
Grazie
Buongiorno, dovrebbe dimostrare di avere dei motivi che rientrino in quelli previsti dal contratto nazionale.
Salve lavoro per una multinazionale e ho un contratto part time da poco ho iniziato un corso per oss e con l’azienda abbiamo contrattato tramite una mia forma scritta che rinunciavo alla flessibilità lavorativa ed ero disponibile a fare orari pomeridiani; ora cercano di mettermi i bastoni tra le ruote dicendomi che se non rimango di più a lavoro mi possono anche fare una contestazione scritta; quando io finendo tardi a lavoro la mattina alle 8 devo seguire questo corso che mi prende fino alle 13:30 ora volevo capire possono farmi veramente questa lettera di contestazione???? Anche se io ho portato il mio attestato di frequenza con i rispettivi orari???? Grazie mille
Gliela possono fare ma lei la può impugnare.
Buongiorno, ero un contratto full time indetermibato da 40 ore settimanali, per motivi familiari ho chiesto il part time e l’azienda mi ha formulato una domanda dove, in mia voce, hanno scritto che richiedo orario part time dal …. al … , e che al … tornerà ad un full time di 40 ore. Io ho firmato. Queste sono clausole elastiche? Io ora (tra pochi mesi arrivo al temine del periodo part time formulato da loro) ho richiesto a voce il prolungamento di almeno un anno del part time, devono ancora parlare con l’ufficio personale ma non sono favorevoli alla cosa. Possono licenziarmi se non accetto il passaggio da part time a full time? Grazie mille
Si può licenziare ma non è una giusta causa perché il suo part time è a tempo.
Buonasera. Lavoro da 16 anni come cassiera di un supermercato,cassiera senza indennità di cassa. Pagata per 24 ma ne faccio 28 domenica inclusa anche se non è nel mio contratto. Posso essere trasferita in un punto vendita distante da casa? Nel contratto si parla solo di trasferimenti temporanei ma è il modo in cui veniamo minacciati quando tentiamo di far valere i nostri diritti.Il mio lavoro può essere considerato videoterminalista con le relative pause? Inoltre da poco mi è stata riconosciuta un invalidità civile(no 104) del 38% per ipoacusia e porto le protesi,nel caso in cui volessero trasferirmi posso oppormi visto che per la mia invalidità ho sempre preferito non guidare in autostrada e fuori dalla città? Grazie
Credo che non bastano alcune risposte, ha bisogno di rivolgersi direttamente al sindacato.
Buongiorno. Lavoro parttime come operaio e socio lavoratore presso una cooperativa con ccnl pulizie e multiservizi. L’orario è spezzato in
varie occasioni di lavoro presso posti diversi di cui uno fisso con 5 ore al giorno. Nel regolamento interno viene citato l’istituto della flessibilità per via delle difficoltà organizzative: Le ore non lavorate potranno essere recuperate nei giorni di riposo e le giornate nn lavorate x questo motivo segnate come riposo. Di fatto le ore nn lavorate sono pagate come ferie, di cui, di fatto non posso fruire del tutto. Non raggiungo mai le 35 ore del contratto, ma quasi sempre 27. A mia richiesta di ripristinarle non ci arrivano comunque benché il lavoro ci sia. La riduzione dellorario rientra nella flessibilità o il datore è tenuto a rispettare il contratto?
Grazie
Dipende da diversi fattori.
Buongiorno, vorrei porre due domande inerenti al mio contratto di lavoro. Sono un part time di 22 ore nel commercio (venditrice) in un negozio di un centro commerciale con contratto flessibile e orari depositati di due turni con riposi stabiliti. Turno A con domenica lavorativa , turno B con riposo la domenica. Sono 22 anni che lavoro per la stessa azienda , nel 2016 mi veniva riformulato il contratto di flessibilità con riposi e orari giornalieri. Le rivolgo le seguenti domande:
Il datore di lavoro può decidere (uniteralmete ) di farmi lavorare tutte le domeniche anche se il mio contratto con turno B non lo prevede?
Avendo il contratto con flessibilità può il datore di lavoro decidere (uniteralmete )di cambiarmi i giorni e gli orari stabiliti nel contratto?
La ringrazio anticipatamente
Attendo una sua risposta
Grazie
Se ha firmato le clausole di flessibilità tutte e due le risposte sono sì.