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Commesse giovani, carine e precarie. Il volto sorridente del commercio

Parafrasando un film di qualche decennio fa, si può così riassumere il mondo femminile del commercio. Già, perché non basta il contratto di settore con tutte le sue forzature al ribasso. E non basta il Jobs Act. E non bastano nemmeno le interpretazioni delle mansioni possibili (accessorie e sempre in aumento). Le commesse del commercio vivono quotidianamente anche la pressione psicologica del tempo che passa, che viene loro scandito sempre sonoramente: a 20 anni stagista, e 28 contratto a tutele crescenti, e col giro di boa dei trent’anni un indeterminato e il desiderio di un figlio.

Ma non puoi permetterti un figlio se a lavoro cominciano a farti pesare il passare del tempo. A 40 sei carne da macello: una lavoratrice che non può più soddisfare i criteri aziendali. E non importa se in 20 anni hai acquisito professionalità e competenze, se da stagista ora hai un terzo livello e un ruolo (magari da visual). I capi area cominciano a bisbigliare che forse “dovresti essere stanca” e “dovresti pensare a lasciare il posto ai nuovi”, alle ventenni che ti sorridono maliziose.

Succede in tutte le aziende della grande distribuzione, da Zara a H&M, da Alcott a Decathlon. Succede che metti anima e corpo nel loro marchio, ma che quando il tuo corpo non è più attraente come quello delle loro pubblicità, allora non importa più delle tue idee, della tua anima, e tantomeno del mutuo da pagare o del figlio da mandare a scuola. Succede che le pressioni si fanno insopportabili e tu non sai dove sbattere la testa. Succede che crolli e chiedi un demansionamento ingiustificato. Succede che ti licenzi. E tutto il lavoro fatto va a farsi benedire.

E’ il commercio bellezza!!

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