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Coop: svendite, vittime e carnefici

Le grandi Coop producono vittime e nello stesso tempo inconsapevoli carnefici. Capiamo perché.

La recente svendita dell’esperienza cooperativa laziale, che si somma a quella campana, alla storia di Lucia Di Maio e del suo trasferimento a oltre 400 km da casa, a quella di Catia Bottoni e dei suoi 12 anni di contratti ripetuti illegalmente; alle varie condanne per condotta antisindacale collezionate, ai licenziamenti di decine e decine di precari cacciati senza motivo dopo averli sfruttati per anni; ai trasferimenti ai danni dei delegati sindacali “scomodi”, alle bacheche sindacali che “scompaiono” per punire chi sciopera. Potremmo continuare ancora, ma tanto basta a dimostrare che la cooperazione di consumo è a tutti gli effetti un esempio del peggior padronato.

Ma la Coop  non è solo consumo,  è tutto  quel mondo governato per anni del nuovo Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che prima della nomina di governo ha guidato Legacoop Nazionale dal 2002 e nel 2013 e l’ADC, l’alleanza nata tra cooperative rosse e bianche. Insomma, un mondo che rappresenta al meglio la degenerazione di un sistema in cui l’originario spirito di solidarietà e mutualità è stato sacrificato alla logica del mercato, della competizione e del profitto, alla pari delle imprese di capitale.

Poletti, da Ministro, ripropone il “modello a marchio Coop” con il Decreto Legge sull’apprendistato e i contratti a termine, che supera a destra la famigerata riforma Fornero: per l’apprendistato cade l’obbligo del contratto in forma scritta e della formazione teorica, le assunzioni possono arrivare al 20% del totale dei dipendenti (ma chi andrà mai a controllare quanti sono?) e cade l’obbligo di confermarne almeno il 30% al termine dell’apprendistato: mano libera a gogò ai padroni e ai loro profitti, visto che già era previsto l’inquadramento degli apprendisti in due livelli economici inferiori a quelli normalmente prescritti dai contratti.

Ma questo decreto contiene aberrazioni ancora maggiori per i contratti a termine: durata del contratto 36 mesi (12 mesi x la Fornero) con possibilità di rinnovo fino a otto volte nell’arco dei 36 mesi senza interruzione e senza causale: immaginiamo a quali ricatti sarà sottoposto un lavoratore il cui contratto potrà scadere otto volte nel corso di tre anni senza peraltro alcuna garanzia di assunzione fissa dopo questo periodo!

La cooperazione è offuscata da tante ombre che nascondono forme di illegalità e sfruttamento che alcune strutture hanno messo in piedi avvalendosi illecitamente delle regole che la nostra Costituzione prevede per le attività di mutuo e generale beneficio. Regole che vengono stravolte a proprio piacimento da speculatori disinvolti, che fanno affari sulla pelle della collettività.

Lavoratore vittima e carnefice: vittima di chi lo sfrutta e carnefice di chi riceve la sua opera professionale non garantita, non inquadrata, non assistita da una corretta formazione e dalle infrastrutture necessarie per fare un buon lavoro. I tanti scandali che hanno riguardato il mondo cooperativistico: da quello degli appalti a Lampedusa, alle inchieste della Guardia di Finanza come quella che ha colpito il distretto modenese delle carni, alle ‘lobby rosse’ evidenziata da un’analisi del ’Fatto Quotidiano’. raccontano di un settore in cui gli scopi sociali e mutualistici non sempre vengono rispettati. La riforma del Titolo V della Costituzione ha prodotto da un lato lo ‘spacchettamento’ dei sistemi di garanzia centralizzati assegnando competenze locali e centrali e dall’altro ha riconosciuto la possibilità che l’iniziativa della società civile organizzata potesse integrare l’azione dello stato nel campo dei beni comuni.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: lavoratori senza diritti, cittadini privati di buoni servizi, cooperative di consumo che nascondono investimenti e speculazioni finanziarie: cosa c’entra tutto questo con la cooperazione sociale?

Ora non resta che domandarci qual è il ruolo dei “sindacati di palazzo”, quei sindacati che alla Coop usufruiscono di distacchi e agibilità abnormi (che non vengono intaccati dalla crisi), e quindi avrebbero tutte le potenzialità per contrapporre una resistenza degna a questi attacchi. Il ruolo che svolgono non è altro che quello di semplici ratificatori di accordi capestro spacciati per “il massimo che si poteva ottenere”. Le organizzazioni sindacali “complici” rinunciano a qualsiasi prospettiva di conflitto in favore di un sistema di relazioni con le cooperative che ormai è un rapporto di tutela di reciproci interessi.

Vittime e carnefici: lavoratori che sono vittime di sfruttamento, se non di schiavitù, diventano a loro volta inconsapevoli carnefici di destinatari colpiti dalla scarsa qualità dei servizi offerti dalla cooperazione sociale, con il beneplacito delle organizzazioni sindacali che Sacconi, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali nel Governo Berlusconi IV, definì “sindacati complici”.

Io invece credo fortemente che sia indispensabile ridare voce e diritti ai lavoratori, respingerendo al mittente questa logica. Insieme all’Unione Sindacale di Base  mi preparo a rilanciare le mobilitazioni per il salario e l’occupazione, sicuro che i lavoratori, se vengono messi in condizione di scegliersi il proprio futuro, non si rassegnano alla politica della riduzione del danno ma hanno le qualità, l’energia e la determinazione per affrontare un percorso di lotta tesa alla salvaguardia dei diritti ed in grado di rigettare al mittente i piani industriali fatti sulla carne di chi lavora.

About Francesco Iacovone

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