suicidio lavoratori

È STATO suicidato un lavoratore

Gennaro Farago, un giovane 25enne, si è ucciso lanciandosi dal settimo piano di un edificio. Nella lettera a sua madre le ragioni del gesto disperato: “Non ho lavoro, non ce la faccio più. Devo farla finita”. E’ accaduto ieri; siamo a Pomigliano d’Arco, un comune della città metropolitana di Napoli, ma poco importa…

Esattamente un anno fa ne avevo scritto, se ne parlava, faceva notizia. Da allora nulla sembra essere cambiato, di disoccupazione e di crisi si continua a morire anche se “fa meno notizia”:

Giovanni è salito al decimo piano, è rimasto per qualche ora di fronte alla finestra, nel corridoio, e alla fine il salto nel vuoto. «La crisi mi ha tolto il sorriso», sono le parole che sono state trovate nel biglietto lasciato da Giovanni. Siamo a Padova, è febbraio, ma poco importa. Quello che inquieta è il male di vivere di un uomo che prima di lanciarsi nel vuoto rimane ore a pensare di fronte alla finestra del decimo piano dell’ospedale cittadino.
Leo, un addetto vendite di 45 anni, si è impiccato in provincia di Viterbo. Sposato, padre di due figli, ha lasciato una lunga lettera di quattro pagine per spiegare le ragioni del suo gesto. In alcuni passaggi della lettera, l’uomo parlava esplicitamente delle difficoltà economiche in cui versava e criticava i provvedimenti del governo che avrebbero acuito la crisi dell’azienda di ceramica di cui era dipendente, mettendo a rischio il suo posto di lavoro. Siamo a Carbognano, è la fine del maggio 2012, ma poco importa.
Gaetano, 47 anni della provincia di Enna, ha lasciato la moglie e due figli di 10 e 4 anni; è un precario, disperato, si impicca per la riduzione delle ore di lavoro. Siamo a Troina, è il maggio del 2012, ma poco importa.
L’ultima in ordine di tempo è stata Maria, cassaintegrata Fiat allo stabilimento di Nola da sei anni, che nel 2011 aveva scritto un articolo in cui parlava del tentativo di suicidio di un collega, qualche giorno fa è stata accoltellata a morte dalla cassa integrazione che ha armato il suo stesso braccio. Maria è stata uccisa da uno Stato che non ha saputo difenderla, come tanti, troppi altri. Siamo a Acerra, è maggio, ma poco importa.
Donne e Uomini che lasciano mariti, mogli, figli, biglietti di addio e un vuoto incolmabile per i propri familiari. Donne e Uomini che, purtroppo, trovano la forza di quelli che non hanno più forza, stanchi di sopportare una crisi che è ovunque: si respira, impoverisce le nostre tavole, i nostri indumenti, impedisce finanche la cure, fonte di un malessere che tutti proviamo in modo più o meno intenso.
Poco importa se a Padova, ad Acerra, a Carbognano o a Troina, poco importa se a febbraio o a maggio, ormai il fenomeno è diffuso. Si potrebbe andare avanti per ore, dal nord al sud del paese in qualsiasi stagione dell’anno: tante storie, tanti nomi, tanti giovani con tutta la vita davanti, vittime della mancanza di lavoro, della cassa integrazione, della precarietà e di una crisi assassina.
Nessuno sa le ragioni di un suicidio, forse neppure chi si è tolto la vita, ma a volte si possono azzardare delle ipotesi. I suicidi per crisi nel biennio 2012-13, in tutta Italia, sono stati 238. Dagli 89 del 2012, nel 2013 si è passati a 149 e l’inizio dell’anno in corso non è stato meno drammatico; solo a gennaio 35 suicidi di lavoratori o disoccupati, una vera e propria mattanza.
Donne e uomini uccisi perché distrutti nell’anima, vittime di un sistema economico che pone al centro il denaro, dove prevalgono gli interessi individuali su quelli collettivi. La corazzata ideologica del capitale, disconoscendo le proprie responsabilità nelle fallimentari politiche industriali e la natura stessa della crisi economica, continua ad agire sulla leva dell’abbassamento dei salari e dei diritti che non consente l’uscita dalla crisi, ma continua a disgregare ulteriormente il tessuto sociale.
L’obiettivo è quello di offrire ai mercati manodopera qualificata a basso costo e con pochi diritti, come pretende l’élite finanziaria e industriale che guida l’Unione Europea. Ma il prezzo che questa èlite ci impone, per consentire ai ricchi di essere sempre più ricchi, è salato. Ai poveri, vecchi e nuovi, questo sistema redistribuisce equamentedisoccupazione, licenziamenti di massa, cassa integrazione, cartelle esattoriali, sfratti e, come conseguenza estrema, porta al suicidio centinaia di persone.
I caduti sacrificati sull’altare della crisi, che nel nostro paese si aggira silente come un vero e proprio serial killer, ci riguardano tutti, nessuno escluso. Sta a tutti noi lottare per una più equa redistribuzione della ricchezza che non sarà certo una regalia del capitale; sta a tutti noi rimettere al centro dell’agenda politica il nodo irrisolto della giustizia sociale; sta a tutti noi rimettere al centro il lavoro, cardine della nostra Costituzione; è dovere di ognuno di noi coltivare l’onestà ed il coraggio come mezzi per raggiungere lo scopo. Nessuno può e deve essere spettatore davanti a questo dramma.

A Giovanni, Maria, Gaetano, Leo e tutti gli altri… Che la terra vi sia lieve.

About Francesco Iacovone

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2 Comm.

  1. Momenti terribili.

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