Gli schiavi della domenica e la legge in Parlamento

In Parlamento si sta affrontando il tema delle chiusure domenicali dei centri commerciali e, troppo spesso, non si centra il problema. Monti avviò la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali e il suo decreto, come era prevedibile, diede vita ad una nuova forma di schiavitù e ad un esercito di schiavi. In quella Legge nessuna tutela dei diritti dei lavoratori coinvolti, che ha consentito alle poco corrette multinazionali del commercio di fare carta straccia della dignità di oltre 3 milioni di donne e di uomini impiegati nel settore. Nessun incremento di assunzioni, ma tanta flessibilità e l’eliminazione unilaterale di molte delle maggiorazioni previste per il lavoro domenicale e festivo. Insomma, la domenica è divenuta parte integrante dell’orario di lavoro ordinario e i lavoratori già occupati si sono semplicemente visti spalmare l’orario sui sette giorni della settimana.

Tante crisi occupazionali, la chiusura di oltre 50.000 piccole attività commerciali e nessuna nuova assunzione. Ma l’appetito vien mangiando, e allora i potenti del commercio hanno arraffato anche festività fino ad allora tabù, come il giorno di Natale, di Pasqua ecc… I lavoratori incazzati per questa vergognosa erosione di diritti e stipendi, oggi, manderebbero volentieri a quel Paese chi pontifica contro la revisione di un provvedimento scandaloso, senza pari in Europa. E che importa se i commessi, dall’oggi al domani, oltre ad aver visto sparire diritti che sembravano acquisiti, si sia drasticamente ridotta notevolmente anche la possibilità di stare insieme alle loro famiglie, ai loro figli, ai loro amici.

Una domenica ogni mese e mezzo circa, fino a ieri. Oggi: una sì ed una no. Quando va bene. Il mese di dicembre neppure una a casa, festività idem. E guai a rispondere a telefono se la chiamata arriva dal lavoro, con il personale ridotto all’osso, li chiamano a casa per “chiedere” loro di rientrare al lavoro, a tappare il buco.  E non possono certo dire di no, sarebbe la fine di ogni cambio turno, ogni permesso, ogni possibilità di vivere un ambiente di lavoro sereno. Non solo. La possibilità poi di essere sostituiti con lavoratori precarizzati, con veloci assunzioni temporanee, è la fonte di ricatto agita dai datori di lavoro. Per farla breve i lavoratori del commercio si sono ritrovati catapultati nella condizione di non poter far valere i propri diritti, calpestati da tutte le controriforme del lavoro degli ultimi anni: Fornero, Monti, Jobs Act.

Andiamo a vedere cosa succede nella virtuosa Germania: i centri commerciali chiudono alla domenica.  Qualcuno resta aperto fino mezzanotte, in settimana. Ma la domenica chiusura totale o quasi (restano aperti panetterie, distributori di benzina e altri particolari attività di settore). E così, più o meno, nel resto dell’Europa che conta. Dove la domenica si sta In famiglia, a viversi i propri figli, mogli, mariti; riuscendo a immaginare un mondo al di fuori di un freddo centro commerciale.

Queste liberalizzazioni non hanno affatto prodotto – come stanno riportando in questi giorni agenzie di stampa, associazioni datoriali e dei consumatori, politici di qualunque schieramento – più occupazione. Anzi hanno portato crisi occupazionali e licenziamenti, perché i bassi consumi sono generati dal basso reddito dei cittadini e non dalla quantità del tempo di apertura degli esercizi commerciali.

E poi, a quelli che se lo difendono come fosse un servizio pubblico essenziale, vorrei ricordare la definizione di “shopping” tratta dal vocabolario della lingua italiana: “Il girare da un negozio all’altro per effettuare acquisti”.

Le questioni al centro del dibattito sono la dignità e la qualità della vita di chi si è visto assottigliare il già scarsissimo tempo che è concesso a padri e madri per crescere i propri figli. Tutto qui o quasi…

 

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Un commento

  1. La domenica deve essere tutto chiuso, così le famiglie rimarrebbero unite invece che tutte separate. Siamo on un caos totale senza più valori. I piccoli negozi sono chiusi e per i rimanenti ancora.vivi con tutti gl’adempumenti non possono più andare avanti.

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