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I lavoratori Coop si riprendono il futuro

Siamo a Scicli, in provincia di Ragusa, il lembo più a sud dell’italico stivale. Siamo a Sicli e mancano pochi giorni al Capodanno 2016. Il supermercato ex Coop è ancora aperto ben oltre l’orario di chiusura. No, non siamo in presenza dei fanatici dello shopping; lavoratori e clienti brindano, scherzano e ridono assieme: stanno inaugurando un nuovo supermercato. Il giorno dopo, a Pozzallo, pochi km di distanza da Sicli, si ripete lo stesso copione e due paesi sembra siano in festa.

Beh, cosa ci sarebbe di tanto strano? Apparente nulla, un territorio difficile ad alta infiltrazione criminale che vede sorgere due poli commerciali, ha ben ragione di festeggiare. Ma quei due punti vendita, fino a due mesi prima, erano due supermercati delle grandi Coop di consumo… Si, proprio quelle della pubblicità. Oggi quei due punti vendita hanno sempre la stessa ragione sociale, ma la Coop è cambiata. Non si chiama più Coop Sicilia, si chiama “Cooperativa Giorgio La Pira”.

Insomma, la vecchia Cooperativa “Primo Maggio”, fondata nel 1977 e che aveva una quindicina di punti vendita sul territorio siciliano, è stata dapprima fagocitata dal sistema delle grandi Coop di consumo e poi ridimensionata nel numero dei punti di vendita, privilegiando gli ipermercati nei grandi centri commerciali e sacrificando le medio piccole strutture.

La storia sembra quella campana. Prima l’investimento per superare la crisi; poi la richiesta di sacrifici ai lavoratori, con l’erosione inesorabile di diritti e salario anche attraverso il passaggio da full time a part time, per salari da 700/800euro al mese; per arrivare inesorabilmente alla chiusura dei supermercati del territorio, con proposte di trasferimento a ben 300 km da casa. Insomma, l’equivalente di un licenziamento. Ergo, la gestione delle grandi Coop è un fallimento pagato a caro prezzo dai lavoratori.

Il modello di sviluppo delle grandi Cooperative di consumo sembra ormai tarato sui nuovi standard del mercato del lavoro. Un esercito di part-time che hanno uno stipendio bassissimo in tasca. Se poi ci si aggiunge l’arroganza dei licenziamenti, degli accordi non rispettati, delle precettazioni sugli scioperi e delle condotte antisindacali, possiamo inserire le grandi Coop sul banco degli imputati come aziende che drenano il territorio facendo profitti, ma in cambio non rendono alcun valore aggiunto.

Ma stavolta i lavoratori non ci stanno, occupano il consiglio comunale e si guadagnano il sostegno del paese intero. No, non hanno alcuna intenzione di rassegnarsi alla disoccupazione. Fondano la nuova Società Cooperativa, ristabiliscono le vecchie condizioni contrattuali e retributive e si rimboccano e maniche. Ristrutturano i punti vendita, trasformandosi per qualche mese in operai edili, e riaprono il loro supermercato. Ecco come si perseguono la funzione sociale, lo scopo e i principi mutualistici e solidaristici contenutoìi nello statuto Coop.

Questa bella storia, dalle molte analogie con altre storie operaie che hanno visto i lavoratori salvare l’azienda e l’occupazione, lascia intravedere un altro modo di fare commercio. Un commercio che guarda meno alla produttività e privilegia i rapporti umani. Dove il commesso si chiama per nome e la cassiera dispensa consigli. Un esempio di lavoratori che non si arrendono a quello che ci spacciano per ineluttabile, che lottano e tracciano le linee del proprio futuro.

In questo caso, la coop siete davvero voi. Un in bocca al lupo sincero, eroi del XXI secolo.

About Francesco Iacovone

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