E’ domenica, siamo a Roma e la primavera è ancora timida. Mi sono svegliato presto, un buon caffè, una sigaretta e sono pronto: oggi porterò la mia cagnolona Margot a correre sulla spiaggia.
Adoro il mare: perdermi con lo sguardo all’infinito, godermi il profumo dell’acqua salata che ondeggia sinuosa, ascoltare il gorgoglio delle onde. Il mare è senza strade e senza spiegazioni, il mare è quell’infinito senso di libertà. Ma la libertà, ahimè, non è cosa da tutti: oggi a qualcuno è stato imposto di scegliere i “Monti”.
Il popolo dei senza domeniche – gli invisibili lavoratori del commercio – non ha scelta. Non può decidere cosa fare. Non può decidere come trascorrere una giornata che per sua natura è dedicata alla socialità, al riposo, alla riflessione, alla cultura, allo sport. Oltre tre milioni di uomini e donne condannati dal decreto del governo Monti, noto come “salva Italia”, a trascorrere i giorni di festa al lavoro, spesso dentro un centro commerciale.
Storie di festività violate ne ho ascoltate molte, ma troppe restano invisibili; proprio come i lavoratori che le raccontano. Questo Blog, nato un po’ per caso, è divenuto un luogo sicuro dove potermi rifugiare per non essere travolto dalla rabbia per la tanta ingiustizia sociale che il mio lavoro mi sbatte in faccia ogni giorno.
Oggi mi piacerebbe utilizzare questo spazio per ascoltare la tua storia e renderla un po’ meno invisibile. Ma soprattutto per far emergere un problema che ai più sembra secondario, ma che in realtà rappresenta la degenerazione del modello sociale che ci vogliono imporre attraverso lo sfarzo e le luci dei centri commerciali. Un grande inganno in favore dei profitti delle grandi multinazionali del commercio e un danno per i lavoratori, i consumatori e la società.
Allora dai! raccontami la tua storia. Un tweet, un post, una e-mail e l’hashtag #maipiùsenzadomeniche. Per gridare in faccia a tutti che i lavoratori del commercio non sono invisibili e hanno ancora dei diritti.
Scusate se vi annoierò con questo post, ma colgo l’occasione per sfogarmi.
Lavoro ormai da un anno e mezzo nella gdo, esattamente dagli inizi di gennaio dell’anno scorso.
Ci sono arrivato per puro caso, chiamiamola sfortuna, destino, chissà.
Prima facevo decisamente altro, ho studiato, mi sono laureato, mi sono specializzato, e se vi dico che uno dei motivi era proprio per avere un po’ più di tempo per me e per le persone che mi vogliono bene la cosa assume un tono davvero ironico.
Complice un problemino di salute (non grave, ma che mi ha tolto tempo) mi sono dovuto fermare per un po’ e quando mi sono ristabilito, il mondo del lavoro era cambiato e non avendo molta esperienza ancora l’unica opportunità restava questa.
Che dire? Il problema è quello di tutti voi, non ci sono più festività, si lavora tutti i giorni domeniche comprese, lunedì di pasquetta, 25 aprile, 1 maggio. Ho perso il gusto della domenica, di aspettare magari il Natale. Lavoro tutti i giorni fino alle 21.30-22 e onestamente non ho più forze, né mentali, né fisiche.
Ma è la domenica che proprio non riesco a sopportare.
Quando tutti si riposano e vengono a svernare in negozio, paradossalmente è il momento della settimana più duro, perché sei stanco, svuotato e devi anche essere educato, anche se il cliente ti tratta con superiorità.
Sono sposato da poco, e mia moglie ha un’attività (per fortuna non in un centro commerciale) e credetemi, la domenica a lasciarla lì sola a casa subito dopo pranzo (quando faccio il continuato) mi piange il cuore.
A volte mi chiedo “chi me lo fa fare” però devo.
Non seguo quasi più il calcio perchè gli orari non sono compatibili con i miei, non vedo quasi più gli amici, e soprattutto non sono riuscito ad essere presente ai due compleanni del mio nipotino, che per me, senza figli, è un pezzo di cuore.
A che pro? Un domani, i due compleanni di mio nipote chi me li ridarà mai?
I pranzi in famiglia con i miei che invecchiano, chi me li ridarà?
Domani ricomincia un’altra settimana e a causa del riposo di oggi (il primo domenicale da gennaio) mi aspettano almeno 8 giorni ininterrotti di lavoro.
Sono allo stremo.
Scusate lo sfogo.
Grazie Paolo, grazie per averci regalato il tuo sfogo. Sai, anche il mio nipotino è un pezzo di cuore e le tue parole mi hanno toccato molto. Dalle tue parole traspare la trasformazione di una società che ha rigirato i valori, in cui la famiglia è annientata da un lavoro totalizzante. Grazie davvero, queste sono e storie che ascolto “al riparo” delle stanze sindacali. E’ bene raccontarle a tutti, è bene riprenderci la notra dignità!
E poi le aziende pretendono che i dipendenti siano sempre cordiali e disponibili. Nel mio caso abbiamo budget mensili, settimanali , giornalieri e addirittura orari, quindi dovremmo secondo loro, essere sempre sull’attenti, pronti ad agguantare il cliente sulla soglia del negozio e non mollarlo più finchè non ha acquistato il necessario per alzare la nostra media scontrino.
Ma stanchi come siamo, dopo ore di centro commerciale, tra il rumore, le grida, le innumerevoli informazioni che siamo tenuti a dare, magari chiusi in negozio nei giorni di festa, con i nostri cari a casa, come possono pensare che siamo ancora in grado di sorridere, di servire al meglio il cliente senza provare rabbia, frustrazione e depressione?
Cara Sonia, quei budget servono a mettere in competizione i lavoratori, a non consentire che si crei coesione per poter “governare” la forza lavoro senza resistenze alcune. Un po’ come facevano gli antichi romani: “Divide et impera”. Lo sfarzo, le luci e la musica diffusa dagli altoparlanti dei centri commerciali servono a spingere il consumatore inconsapevole all’acquisto. Insomma, dobbiamo smascherare l’inganno, crare alleanze e spiegare ai “dorgati degli consumo” che la domenica si può fare tanto altro e quel tanto altro è più emozionante, bello e sano!
Sono stata per anni una lavoratrice dei sabati, delle domeniche e di tutti i festivi già dal 1999 quando in tempi non sospetti il negozio dove lavoravo era uno dei primi avanguardisti che apriva ANCHE alla domenica, ANCHE il 25 aprile etc. Quando ancora i clienti chiedevano un po’ timorosi e stupiti “ma siete aperti tutte le domeniche?”.
Già perchè all’epoca l’alternativa per passare il tempo nei giorni festivi era la gita, il cinema, il parco giochi, un tè con le amiche… e pochi, pochissimi negozi aperti.
Ecco. Parliamo delle alternative, di quelli che dicono “Ma piuttosto di andare al supermercato, non avete niente di meglio da fare? Un cinema, la piscina, due pasticcini, un gelato, il luna park…?!!” Perchè quelli del cinema, del gelato e del Luna Park non sono lavoratori come gli altri? Solo perché storicamente sono attività aperte ogni santo giorno soprattutto nei periodi festivi o estivi da decenni hanno perso il diritto al non voler lavorare la domenica? E anche loro non scherzano con i turni, e i NON riposi/recuperi, eh.
Si parla sempre di commessi e gli altri? Ci sono tanti lavori che non conoscono sosta (alcuni indispensabilmente, altri meno) come gli infermieri, i dottori, i vigili del fuoco, le forze dell’ordine, i ferrovieri e tutti gli addetti ai trasporti, quelli del cinema, del luna park, della piscina, delle palestre, degli impianti sciistici o balneari, del parco giochi, dei musei, mostre, teatri, i mercati, le sagre, i bar, ristoranti, gli hotel, i chioschetti vari, fioristi (aperti sempre la domenica mattina), le pasticcerie, gelaterie, pizze al taglio, rosticcerie, gli operai su turni…. e molti altri che dimentico sicuramente.
E loro, ormai non ci ricordiamo nemmeno più che stanno lavorando e li proponiamo come alternativa ai negozi e supermercati 🙁
Grazie del tuo contributo Fede.
Cara Federica, leggo la tua mail. Ci sono differenze abissali tra i lavori che elenchi. Innanzitutto chi ha scelto a suo tempo (esempio 30 anni fa come me) di lavorare nella ristorazione era già conscio dei turni e degli orari, domeniche incluse. Infermieri, forze dell’ordine etc non credo vadano paragonati a chi vende ‘mutande’: salvare una vita, assistere ad un malato o gestire il traffico per evitare magari che qualcuno si faccia male mi sembrano cose prioritarie, non credo sia mai morto nessuno per non aver comperato di domenica per forza un paio di calzini. Strana apertura di lettera la tua: se hai davvero lavorato tutte le domeniche credo sia consapevole della vita grama che si fa. Ma credo che il tuo puntare il dito contro chi, come me, si chiede se la gente non abbia di meglio da fare sia sinonimo del tuo non aver capito nulla.
Carla
Infermiera
Notti capodanno ,pasqua domeniche
E non per 4 o 5 ore !
E allora?
Cara Loredana, conosco abbastanza bene le condizioni di chi lavora nel comparto della sanità (pubblica e privata). Lo smantellamento di questo servizio pubblico importantissimo e le ricadute materiali sui lavoratori del settore sono inaccettabili. Al tuo “quindi” interrogativo rispondo: troviamo insieme le giuste alleanze per avere una società migliore!
Ciao Francesco questa è la mia storia. La storia della morte di un commesso viaggiatore.
Questo è un racconto degno della penna di Arthur Miller. Narra le mie vicende, Luca (nome di fantasia), un commesso che, 10 anni fa, ricevette la chiamata da Mediaworld, un’importante multinazionale del commercio. Era un’azienda in grande espansione con decine di negozi nei centri commerciali. Quest’ultimi sono diventati le agorà del nuovo millennio, io li vedevo come cattedrali nel deserto con fitti corridoi illuminati a giorno, popolati spesso da clienti e personale senza volti felici e distesi.
Decido, però, di mettermi in gioco con la possibilità di inserirmi in un ramo in continuo sviluppo. Il colloquio è entusiasmante, la direzione del personale dipinge il quadro di una compagnia che, nonostante le migliaia di lavoratori, è soprattutto una grande famiglia. Il lavoro inizia, i colleghi sono disponibilissimi ed il fatturato è in costante crescita, come i ritmi. Ma a fine turno nonostante la fatica mi sento appagato: ho una stabilità economica che mi permette di guardare ad un futuro radioso per me e quella collega che sto iniziando a frequentare.
Passano i mesi e quella frequentazione regala alla nostra coppia l’attesa di due gemelli, grande è la nostra gioia perché l’azienda premia questa nuova vita con un sostanzioso pacco di beni e dà la possibilità alla neo mamma di modulare gli orari per i primi tre anni. La domenica in famiglia risulta complicata da passare insieme, ma perlomeno viene retribuita con una maggiorazione più alta che quella del contratto collettivo nazionale. Un giorno, però, la notizia della crisi finanziaria globale eccheggia da quella parete di televisioni ultradefinite esposte in negozio ed io inizio a pensare: “come ne usciremo?”.
I titoli di giornale raccontano ciclicamente, a giorni alterni, un mondo che rischiava il collasso o una crisi che era stata sopravvalutata e da quel momento si risveglia in me una visione critica e la voglia di lottare. La notizia è che l’azienda vuole mutare alcuni aspetti lavorativi: nel giro di pochi mesi, infatti, il calo di fatturato e la liberalizzazione degli orari e giorni di apertura non hanno portato a nessuna assunzione in più (motivo principale della legge contenuta nel pacchetto Salva Italia voluta dal governo Monti), anzi hanno prodotto il lievitare del capitolo costi di gestione nei conti economici.
L’azienda inizia ad essere vista come l’occhio del grande fratello di Orwell; sempre più richieste imperative e categoriche: vengono bloccati gli straordinari, fissati premi produttività totalmente irraggiungibili, tagliata la figura del caporeparto, bloccati gli scatti di livello (anche per chi li attendeva da anni), stagisti sfruttati con mansioni di 4° livello, vengono rinnovati meno apprendisti possibili (molto probabilmente sotto la soglia del CCNL), annullate la possibilità di modulare gli orari alle neo mamme, trasferimenti forzati a centinaia di km dalla propria casa e vengono imposte pause anche negli orari corti, fino ad arrivare all’orario spezzato.
Io e la mia compagna la mattina ci alziamo e dirigiamo al lavoro sentendoci solamente un numero e non più i componenti di una famiglia. Circondati da tante maglie rosse con ognuna una cifra differente, comprendiamo che quel rapporto schietto e senza filtri con i nostri responsabili è un miraggio.
La famiglia ne risente, si assottiglia sempre di più il tempo da passare insieme, la domenica ed i festivi passati nei parchi o in gita sono ormai un miraggio ed anche l’andare al lavoro spensierato è solo un lontano ricordo. Nel negozio ormai da tempo si vive un’atmosfera grigia, figlia di continue richieste da parte delle regie dei punti vendita e di un comandante della nave che ha decisamente perso il comando e naviga in piena burrasca; ma non sarà sicuramente il buttare a mare una parte del “carico” (chiusura di 7 punti vendita e taglio del 10% dell’organico nazionale) che lo condurrà in acque di bonaccia.
Purtroppo, infatti, il 24 Aprile (proprio alla vigilia della festa della Liberazione) io e la mia compagna riceviamo, in una riunione, la notizia della chiusura del nostro punto vendita entro 2 mesi; fino a 5 minuti prima eravamo impegnati a confrontarci sull’ennesimo volantino, su una problematica di un cliente e le ferie che si stavano avvicinando ma ora ci sentiamo cadere il mondo addosso. Le facce dei colleghi durante questa riunione, sono un misto di rabbia, incredulità, sdegno, frustazione. Perché noi non ci possiamo rinfacciare nulla, abbiamo sempre dato il 100% e dopo aver mandato giù tutti questi tagli e bocconi amari non ci aspettavamo questa pugnalata alle spalle. Ci viene chiesto, durante la riunione, di chiudere il negozio con dignità, di rimanere a lavorare nei giorni seguenti per dare una mano a svuotare quel negozio che per anni ho passato a riempire per accontentare tutta la clientela. Nei giorni seguenti riceviamo anche il raddoppio della vigilanza che ora ci “pedina” in negozio come se fossimo dei ladri: è un colpo basso alla nostra integrità morale. Non voglio neanche pensare che l’azienda stia procedendo con questa soluzione per liberarsi, di me, della mia compagna e tanti altri che hanno dei contratti Full Time che costano il doppio di quanto costerebbe, oggi, assumere un giovane con i sgravi fiscali, ma tant’è, com’è il detto? A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca.
Dopo aver dato anima, sangue e sudore per questa società, ora la paura del commesso viaggiatore è ritrovarsi a 40 anni ad essere un peso per i genitori, che vivono con la pensione minima, di dover passare fin troppo tempo a casa con il figlio e dovergli tentare di spiegare, trattenendo le lacrime, il significato delle parole solidarietà, austerità, povertà, che in comune hanno solamente un malinconico presente ed un triste futuro. Come nel racconto di Arthur Miller, il commesso, ha solo il sogno di non finire come il protagonista; dimenticato da tutti, messo in disparte e lasciato a suicidarsi per la paura di non finire schiacciato dalla responsabilità di una famiglia che non riesce più a mantenere.
Luca
Ciao Luca. è stato bello lottare al tuo fianco a Bologna. Questa tua storia è toccante, come le altre, e la pubblicherò sul blog per rappresentarle tutte. Per rappresentare quei miglioni di lavoratori senza voce, con la speranza che qualcuno si accorga di queste sofferenze taciute.
Francesco Iacovone, ti rendi conto che c’era e c’è tutt’ora un complotto per sostituirci tutti? Anche le altre categorie sono state duramente colpite… vedi la scuola, e non ascoltare Salvini, che le ore pagate sono 18, ma quelle lavorate a gratis sono fuori dai conti.
Beh, non resta che iniziare un’altra vita altrove.
Confrontare la necessità di un’emergenza sanitaria domenicale con la necessità di comprarsi un paio di scarpe o altro non è logico. A meno che uno non soffra di shopping compulsivo
Anche io credo che le due cose non possano essere sullo stesso piano e credo anche che la reazione e i commenti che vanno in quel senso sono il frutto di un’operazione culturale fatta su larga scala. Insomma, divide et impera.
Concordo, lo stesso dicasi per i lavori per loro natura stagionali. A chi fa questi paragoni il lavaggio del cervello ha fatto presa
Sono quasi dieci anni che lavoro nel centro commerciale. E riflettevo come nei primi anni io guadagnassi molto di più e avessi molto più tempo libero. Siamo passate attraverso contratti di associazione e conciliazioni dove abbiamo rinunciato a parte dello stipendio per tenerci il lavoro e in cambio di cosa? La perdita totale della libertà e della dignità. E naturalmente uno stipendio da fame.
Cara Valeria, la tua analisi è lucida e amara: proprio di dignità e libertà si tratta. E per quella dignità e quella libertà non dobbiamo mai smettere di lottare!
Lavoro da 20 in un’azienda di telecomunicazioni (call center) e mio marito e’ un addetto cucina in una residenza per anziani….noi da SEMPRE lavoriamo sabato, domenica, festivita’, ma per i nostri settori nessuno ne parla. Come mai ????? Eppure non siamo medici..ne’ infermieri…non facciamo parte delle forze dell’ordine… Per noi e’ cosi da sempre!!
Parlatene, come fanno i lavoratori del commercio!! Di sicuro una sponda la trovate.
Buongiorno, qualcuno di voi conosce o sa che alle madri con bambini piccoli spettano domeniche e festivi liberi fino al primo anno d’età? Io l ho sentire pare che dipenda dal tipo di contratto ma parlando con un avvocato mi ha detto che non esiste una legge che lo prevede però alcune colleghe sono sicure sia così… sono un po’ scettica e se qualcuno di voi ne sa più di me accetto informazioni grazie.
Ciao Eva, le mamme sono esentate da lavoro domenicale fino al compimento del terzo anno d’età del bambino. Il lavoro festivo è facoltativo per tutti.
Sono capitata stasera su questo blog, ennesima sera insonne.
Lavoro solo da pochi mesi in un cc di nuova apertura, da responsabile del punto vendita declassata ad addetta semplice perché il cc è preso di mira solo per le passeggiate, non facciamo i numeri richiesti ed oggi fine mese dagli imprenditori viene attuata la politica del terrore , minacciando licenziamenti.
Sto cercando altro perché il centro commerciale, ti toglie la vita.
Ti uccide lentamente. Non vedo più la mia famiglia, i miei nipoti ed il mio compagno lo vedo solo dormire perché il sabato e la domenica io esco presto.
Si sono sempre imbronciata a lavoro perché chi non lavora un cc non può capire cosa voglia dire. Vada per l’orario continuato durante la settimana, che dovrebbe proprio servire agli acquisti di chi lavora in un altro ufficio e fa spezzato. Ma la domenica perché non andate a passeggio, a godervi città d’arte e natura? E se troverò altro combatterò affinché la domenica ed i festivi nessun centro commerciale stia aperto.
Grazie Elisa, sintesi perfetta!!
Dei farmacisti non ne parla mai nessuno, eppure vi assicuro che anche noi siamo vittime del decreto salva Italia e dell ‘avidità senza fine dei nostri titolari, ai quali quello che guadagnano non basta mai ma vi assicuro che non se la passano poi così male. Anche noi piano piano siamo arrivati ad un progressivo aumento dell’orario di lavoro senza fare nuove assunzioni. Risultato. ..un massacro. E io sto sfiorando la depressione
Benvenuti nel “Mondo Reale”!!!
A tutto quel che state/avete passato, aggiungete un pò di pepe.
Togliamo :
ferie/permessi/riposi;
malattia;
infortuni;
TFR;
assegni familiari;
diritti derivanti dalla “Legge 104”;
ammortizzatori sociali (Cassa integrazione, mobilità).
Ecco, adesso siete “lavoratori a Partita IVA”.
Lavori?
Ti pago (fra cinque mesi, ma ti pago).
Non lavori (perchè sei malato, infortunato, morto, stanco, etc.) ?
Cazzi tuoi!
Come dici?
Le tariffe son più basse di quelle degli anni ’90 ?
Che ci devo fare?
“C’è la crisi, e c’è la fila fuori” !!!!
E vedi di non lamentarti tanto, perchè siamo una SRL e ci mettiamo un attimo a chiudere, e riaprire con altro nome.
Dal 18 settembre 2001 lavoro in questo sito portuale, specialmente di notte, anche se adesso non pagano più le maggiorazioni.
E’ l’unico modo per avere un pò di tempo da passare con i figli…
Mai fatto ferie in tutto questo tempo: se stai senza lavorare un mese, poi ti manca un pagamento.
La moglie?
E chi la vede più?
Fà la badante in ospedale, e praticamente vive fuori…