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#IoSonoSonia: commessa precaria di Zara

#‎IoSonoSonia, la commessa precaria di ‪‎Zara che, allo scadere del 34esimo mese di lavoro per la stessa azienda, si è vista negare il rinnovo contrattuale… a pochi giorni dal traguardo dei 36 mesi che danno diritto all’assunzione. #IoSonoSonia e lotto contro l’abuso e lo sfruttamento del lavoro interinale e precario.

Una storia come tante, ahimè. Storie di giovani commesse usa e getta, tanto care alle multinazionali del commercio. Storie di commesse che non arriveranno mai ai 36 mesi di lavoro, validi per l’assunzione obbligatoria.

E’ il modo che le aziende del commercio hanno escogitato per aggirare la legge: ti sfrutto per qualche anno e poi ti saluto, sostituendoti con altri precari. Proprio quelle aziende che si riempiono la bocca con la parola “legalità”, trovano il modo di farsi beffa di una legge che tutela i lavoratori dal cancro della precarietà. Un meccanismo effettivamente ingegnoso di un settore che si conferma all’avanguardia nel trovare nuove forme per lo sfruttamento selvaggio dei lavoratori.

Ma Zara non si limita all’uso del lavoro a termine, per rendere “flessibile” il costo del lavoro. Zara fa largo uso di lavoro interinale e appalta i lavori della logistica e della securuty a ditte esterne, che a loro volta si avvalgono di manodopera straniera e posso ben immaginare a quali condizioni economiche e contrattuali.

Già, proprio Zara. Il marchio principale del gruppo Inditex, la multinazionale dell’uomo più ricco del mondo, che ha invaso il nostro mercato di prodotti di moda a basso costo e di negozi disseminati nei centri delle nostre città e nei centri commerciali di periferia.

La stessa azienda che ha risposto con la forza ai propri dipendenti “armati” di fiori e auguri il giorno della Festa dei lavoratori; lo stesso colosso del fast fashion che, secondo Cree Ballah, commessa 20enne di Toronto, l’avrebbe discriminata per le sue treccine. La stessa multinazionale che provocò le proteste degli spagnoli “per via dei manichini troppo magri esposti nei numerosi negozi Zara di cui è disseminato l’intero paese.”

Insomma, non si diventa l’uomo più ricco del mondo a caso. Lo si diventa sulle spalle di tanti che si spaccano la schiena per un misero salario, e quando non servono più o potrebbero divenire più “stabili” e remunerati, come Sonia, allora via… un bel calcio nel culo e si ricomincia. Venghino signori, venghino!!

Purtroppo la legge non lascia scampo. Se Sonia non raggiunge i fatidici 36 mesi di lavoro, non ha diritto all’assunzione e si troverebbe a dover cercare un nuovo lavoro, nuove illusioni, altra precarietà. E allora facciamolo viaggiare questo hashtag… che arrivi fino all’uomo più ricco del mondo; che arrivi sullo smartphone di Amancio Ortega, affinché sappia che #IoSonoSonia… che tutti noi siamo Sonia!!

About Francesco Iacovone

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6 Comm.

  1. Vedi Sonia il problema non è il ricco che diventa ricchissimo a spese nostre, ma di noi che lo permettiamo.
    Sino a che non saremo uniti per le cose importanti, disposti a perdere tanto per riconquistare molto di più, tutti saremo Sonia senza speranze.
    Ti sei mai chiesta perché una “collega” che guadagna neanche 400 euro al mese sia disposta a rendere la vita difficile a te ed altre invece di preoccuparsi e lottare per uno stipendio da terzo mondo?
    I ricchi sfruttano la nostra ignoranza di vita e l’incapacità di fare gruppo nell’interesse del gruppo e non nel singolo, non li giustifico ma condanno di più la stupida ed inutile guerra tra poveri.

  2. Scusate il messaggio lungo.

    Io sono cresciuta – lavorativamente – con lo stesso criterio. Ero diventata la barzelletta di due negozi interi, ma andavo avanti, perché mi piaceva il mio lavoro e perché credevo davvero che tutto sarebbe andato bene.
    Inizio nel lontano 2011 come interinale, e non dovrei lamentarmi, dato che, a differenza di mille altri, sono durata quattro anni. Ma a che prezzo? Al prezzo di essere continuamente sballottata fra un contratto e l’altro.
    Due mesi, 1+1. “Mi spiace, a presto”. Chiamata come interinale per una settimana, rinnovata di un’altra e qualche giorno. A casa due mesi. E avanti così.
    Poi, il miracolo: nuovo contratto diretto. Due mesi, più tre. A casa altri quattro. Apparizione come interinale in altri reparti e inizio ad essere chiamata anche dal punto vendita di fronte. Contratti di due giorni.
    Qualcosa inizia a muoversi: al suono di “Abbiamo chiesto per te l’indeterminato!”, lavoro altri due mesi nel solito reparto, rinnovata poi di quattro. Siamo ormai al 2013. Attendo con ansia di sapere cosa ne sarà di me a novembre, allo scadere del contratto: sembrava cosa fatta, e invece, due giorni prima dell’ennesima fine, “non abbiamo avuto l’ok da Milano”. Non metto neanche in dubbio la buona fede dei responsabili, coi quali c’è sempre stato un buon rapporto, ma di chi era la responsabilità, continuamente rimbalzata? Probabilmente era anche mia, ma allora sarei durata così tanto?
    Delusa, appaio sporadicamente nel negozio di fronte, di nuovo come interinale. Cambio reparto quasi ogni giorno.
    Nuovo contratto da loro, un generosissimo mese, e siamo a giugno 2014. Alla fine del quale, ciao. Ormai, mi sono abituata. Salvo, poi, sentirsi dire davanti a tutto il negozio che “prenderemo ben dieci nuove persone”.
    Ho pianto. Mi sono arresa. Quattro anni della mia vita buttati, umiliata come persona e come lavoratrice.
    Il colpo di grazia, il ritorno all’altro negozio: “Non possiamo più assumerti, hai troppi contratti”.
    Che equivale a dire “Sei troppo formata, evidentemente, quindi stai a casa”. “Hai superato i tre anni di contratto”, mi sento dire. Certo, peccato che non fossero continuativi, alternati come erano in un costante precariato.
    Sono andata avanti un altro anno, nel secondo negozio, fino ad agosto 2015, con contratti interinali da un giorno, per tre ore a volta, mentre, intorno a me, nuovi addetti facevano carriera come niente. Alla fine, ho detto basta.
    Tutt’ora, vecchie colleghe che incrocio mi guardano dall’alto in basso convinte che io mi sia licenziata, “Tanto, a te, interessava fare altro”. Chissà qual è stata la versione ufficiale di cui non ho mai fatto parte.

  3. Questo è un problema di tutta la GDO, mica solo di Sonia.

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