In tempi di crisi occupazionale trovare lavoro ad ogni costo sembra un dono dal cielo, un dono che spesso però si è portati a barattare con perdita di diritti e di dignità. Lavorare nel commercio, dove i parametri e le garanzie contrattuali sono costantemente spinti verso il basso, verso il minor costo del lavoro, e verso una maggiore flessibilità nell’impiego della forza lavoro, porta a scenari di disarmante frustrazione dei lavoratori.
In questo contesto, Zara è leader del gruppo INDITEX, la più potente multinazionale della grande distribuzione organizzata (grazie a cui il patron Amancio Ortega è stato decretato come l’uomo più ricco del mondo), ed è questo marchio leader anche nel dettare le regole dell’occupazione: tra forme aberranti di precariato, sfruttamento del lavoro esternalizzato, e subdole forme di pressione psicologica dei lavoratori.
Delineare le caratteristiche del lavoratore Zara non è dunque facile a causa innanzitutto delle molteplici forme in cui esso si presenta ed opera all’interno di ogni punto vendita. I casi di cui sarebbe doveroso e necessario parlare sono molti, ma oggi l’urgenza ci spinge a sollevare una questione, forse la più delicata, quella a cui pretendiamo un’immediata presa di posizione: il lavoratore e la lavoratrice con 104.
Sebbene il contratto nazionale del commercio abbia preso di mira la malattia, decurtando la remunerazione e decretando un’iniqua scala di valore attraverso “gli eventi di malattia”, sebbene la malattia sia di per sé un fatto che non dovrebbe essere messo in conto alle analisi di ricerca del profitto, riteniamo ancor più lesivo della dignità delle persona il trattamento che viene perpetrato ai danni dei lavoratori con 104.
Cosa accade e cosa subiscono i lavoratori con 104 all’interno di Zara?
Dalle molteplici segnalazioni raccolte, fornite dai lavoratori, spesso in lacrime, spesso esausti, spesso sull’orlo della disperazione, emerge chiaramente una chiusura aziendale su tutta la linea. Al lavoratore della grande distribuzione viene chiesta, spesso pretesa, la massima flessibilità in termini di orari, che si traduce in lavoro su turni 7 giorni su 7, e in giornate lavorative che vanno dall’alba a notte inoltrata, turni parcellizzati, segmentati, in cui ogni lavoratore non è altro che un anello di una catena fatta di infiniti anelli, interscambiabili.
Al di là della percezione alienante che un lavoro del genere può innescare, il dato più preoccupante è la mancanza di equilibrio tra tempi lavorativi e tempi di vita. Quest’ultimo aspetto si fa più insidioso nei casi dei lavoratori con 104, che si trovano costretti a tentare infruttuosamente di conciliare le difficoltà private con l’impegno lavorativo.
Se il sistema sanitario nazionale stabilisce, dopo attenta analisi e conseguente redazione di un verbale, che una situazione di malattia ha le caratteristiche della cronicità e/o della gravità e procede all’assegnazione della 104, cosa accade poi sul posto di lavoro? Cosa accade al lavoratore che torna in negozio con questo verbale? Cosa accade alle sue richieste di essere messo nella condizione di poter svolgere il suo normale lavoro, ma nel rispetto della sua conclamata problematica?
L’azienda non fa sconti se non durante i saldi. L’Azienda non vuole avere maggiore riguardo del lavoratore in stato di necessità, l’Azienda vuole la libertà di esercitare il suo potere di trattare tutti i suoi dipendenti nello stesso modo: come anelli interscambiabili di quella catena di montaggio. E se un anello ha un difetto sarebbe meglio rimuoverlo, ma la Legge questo ancora glielo impedisce. E allora che fa? L’Azienda mette il lavoratore in difficoltà, sotto torchio, sotto pressione. Se il lavoratore chiede turni più consoni alla sua situazione di disagio, l’azienda rifiuta seccamente. Se vengono chiesti turni fissi, la risposta è ancora un rifiuto.
Se qualcuno fa loro notare che esistono in Zara tipologie di contratto con turni fissi, senza domeniche, senza chiusure, i responsabili delle Risorse Umane si scusano, e rispondono che quei casi sono imputabili a vecchi contratti che ora non farebbero mai, che sono dispiaciuti che il lavoratore Tal dei Tali abbia quella problematica, ma che loro non sono disposti a fare eccezioni per nessuno!
Questa purtroppo è solo una delle peggiori realtà che stanno dietro il patinato marchio Zara. Dietro il sorriso della cassiera che ringrazia per l’acquisto, esiste una lotta che noi dell’USB non ci stancheremo mai di fare al fianco di tutti i lavoratori e le lavoratrici.