Lo scandalo del richiamo al vaccino Pfizer: dal Tar alla magistratura

“Vaccini e sicurezza sul lavoro, dove sono le istituzioni?” Ecco la denuncia di Francesco Iacovone dei Cobas a Primo Mattino, il programma di informazione con Andrea Candelaresi e Matteo Lagrasta dalle 5 alle 7 dal lunedì al venerdì su Radio Roma.

Il Tar del Lazio ha respinto l’istanza cautelare urgente di più cittadini che lamentavano la posticipazione della somministrazione della seconda dose di vaccino Pfizer, da 21 a 35 giorni, in violazione del consenso informato e dell’affidamento prestato in sede di sottoscrizione di tale consenso. Il Tar ha osservato che l’accoglimento della domanda – vale a dire la conservazione dell’originario appuntamento per la somministrazione della seconda dose – avrebbe comportato la soddisfazione integrale dell’interesse dei ricorrenti, possibile solo con l’annullamento dell’atto impugnato da parte della sentenza di merito.

Si tratta di decisione presidenziale urgente, cui seguirà il 1 giugno la decisione cautelare collegiale. In tale sede il Tar Lazio potrebbe anche pronunciarsi nel merito con sentenza semplificata.

Il ricorso era stato presentato da centinaia di persone, coordinate da un gruppo Facebook “Il richiamo PFIZER (Comirnaty) lo facciamo dopo 21 giorni” e dal sindacalista Cobas nazionale Francesco Iacovone, contro il provvedimento del 10 maggio della Regione Lazio, che recependo una comunicazione del Cts, aveva posticipato il richiamo della seconda dose di vaccino Pfizer. Il ricorso è stato presentato il 17 maggio.

La decisione è arrivata nel tardo pomeriggio del 18 maggio. Per ora dunque resta tutto com’è: con i richiami per il vaccino Pfizer a 35 giorni invece di 21. Date che potrebbero cambiare il 1 giugno, se i giudici amministrativi dovessero decidere di accogliere le rimostranze. Quando la regione Lazio aveva comunicato lo spostamento, sulla pagina Facebook SaluteLazio c’era stata una vera sollevazione, con migliaia di commenti pieni di rabbia e di sfiducia in poche ore.

Solo qualche giorno prima l’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, aveva dichiarato che il Lazio non avrebbe applicato la nuova indicazione del Cts di posticipare i richiami per il vaccino a mRna fino a 42 giorni (il limite massimo consentito). “Nel Lazio restiamo coi richiami a 21 giorni”, aveva detto.

Poi la marcia indietro. Accolta con furore da chi si sentiva già a un passo dal traguardo: la vaccinazione completa. Le proteste si sono incentrate anche sulla firma del consenso informato, di fronte al medico che nei centri vaccinali o negli studi svolge l’anamnesi, che specifica che il vaccino “richiede 2 dose, a distanza di 21 giorni l’una dall’altra”. E nel bugiardino del farmaco si legge a chiare lettere che è quello l’intervallo consigliato.

Sulla questione era intervenuta anche Valeria Marino, direttore medico di Pfizer Italia: “Il vaccino è stato studiato per una seconda somministrazione a 21 giorni. Dati su di un più lungo range di somministrazione al momento non ne abbiamo se non nelle osservazioni di vita reale, come è stato fatto nel Regno Unito”. Sottolineando: “Come Pfizer dico di attenersi a quello che è emerso dagli studi scientifici perché questo garantisce i risultati che hanno permesso l’autorizzazione”.

Intanto uno dei promotori del ricorso al Tar, Francesco Iacovone, continua lo sciopero della fame iniziato con altre persone del gruppo Facebook cinque giorni fa: “Perché il diritto alla salute è inviolabile e l’accoglimento del giudice senza sospensiva espone a un pericolo tutti quelli che dovevano vaccinarsi in questi giorni e non potranno di fatto farlo, allungando i tempi della somministrazione come indicato da Pfizer, Ema e Aifa”.

Il generale Figliuolo, commissario per l’emergenza Covid, ha poi esortato le regioni: “Lo chiedo davvero a tutti i presidenti di andare avanti con il piano: è facile farsi prendere dalla propaganda, e dire ‘apro questa categoria o un’altra’, ma se noi non mettiamo in sicurezza gli over 60, che sono quelli che hanno il 95% di probabilità di finire in ospedale, peggio ancora in intensiva e peggio ancora di morire, non ne usciamo più”.

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