Ispettorato del lavoro, una mattina qualunque: la solita giornata di ordinaria follia. In fila tra una chiacchiera e l’altra, ti rendi conto che la gran parte delle Donne-Mamme sono lì per vidimare il loro licenziamento e dichiarare di non aver ricevuto pressioni dal datore di lavoro. Alla faccia della legge che tutela l’occupazione femminile.
Aziende diverse che in comune hanno solo l’avversione al tuo cambio di status: da donna-lavoratrice a madre-lavoratrice.
Lavoro in un ufficio, mio figlio ha meno di 1 anno, e il direttore non mi permette di usufruire dei permessi per l’allattamento, troppo lavoro da sbrigare visto che siamo solo in due!
Ho chiesto il part-time, mio figlio ha 1 anno e mezzo, ma non mi è stato concesso perché sono l’unica commessa del negozio. Devo licenziarmi, non ho nessuno che può aiutarmi…
Lavoro su turni e sono un part-time, ma con gli orari del Centro Commerciale, per settimane arrivo a casa che mio figlio già dorme e cosi passano giorni prima che riesca a passare qualche ora con lui. Sono costretta a farlo, ho chiesto la modifica dei miei orari ma non vogliono farlo, quasi tutto quello che guadagno se ne va per la baby-sitter… Rinuncerò a qualcosa ma potrò crescere mio figlio…
Potrei continuare, centinaia di storie fotocopia dove al centro della scelta ci sono i figli.
Lo specchio di un’Italia a corto di servizi per l’infanzia, che trasuda una violenza sottile rivolta alle lavoratrici madri, costrette a rinunciare alla propria autonomia economica e sociale solo perché hanno ceduto alla gioia di avere un figlio.
Ma analizziamo meglio i dati. In Italia circa l’80% dei lavoratori del commercio sono donne, potenzialmente tutte future mamme. Il decreto Monti ha liberalizzato aperture e orari di tutti gli esercizi commerciali, così abbiamo centri commerciali e negozi aperti 365 giorni l’anno dalle 9 alle 22/23, supermercati aperti 24h su 24 per 365 giorni, e questo purtroppo è solo l’inizio.
A catena stanno arrivando palestre h24, uffici comunali aperti il sabato mattina e asili nido notturni che forniscono servizi a carissimo prezzo e che quindi non risolvono il problema delle mamme. Donne che si trovano a vivere situazioni lavorative lontane dalla conciliazione vita-lavoro.
Nel 2012 Save the Children portò all’attenzione del Ministro Elsa Fornero e del vice presidente del Senato Emma Bonino dei dati agghiaccianti; tra il 2008 e il 2009, circa 800.000 mamme hanno dichiarato di essere state licenziate o di aver subito pressioni in occasione o a seguito di una gravidanza, a queste vanno aggiunte tutte quelle mamme che, per paura o per poca voglia di intraprendere cause lunghissime, dichiarano di non aver subito pressioni sul lavoro.
Di tutta risposta, la riforma Fornero irrigidisce ancora di più i contratti part-time, generalizzando cosi la figura della lavoratrice-madre impiegata nel settore del commercio e rendendo ancora più difficile la conciliazione figli-lavoro. La nuova riforma del Jobs-Act aumenta, nel congedo parentale, il periodo di retribuzione del 30% fino a 6 anni del bambino e fino a 12 non retribuito, quindi più tempo per usarlo, ma stessi giorni di cui usufruire (una curiosità: la Svezia concede 480giorni di congedo parentale retribuiti all’ 80%).
Sempre nel Jobs-Act troviamo la possibilità della fruizione oraria del congedo parentale, utile in molte situazioni, che però, ipoteticamente, permette al datore di lavoro di non concedere le richieste di part-time fino ai 3 anni del bambino.
In conclusione, ci accorgiamo che parlare di pari opportunità e avere un Ministro che dovrebbe tutelarle non sta assolutamente migliorando la grave situazione che le lavoratrici, diventate mamme, devono affrontare ogni giorno al rientro dalla maternità obbligatoria. Serve una lavoro più incisivo da parte delle istituzioni su questo tema.
I Cobas, sensibili da sempre alla condizione femminile nei luoghi di lavoro, si impegnano fin da ora a redigere una Carta dei diritti per le lavoratrici madri, da presentare al Presidente della Camera e al Ministro per le Pari Opportunità.
Grazie a tutte le dirigenti, delegate e lavoratrici che stanno contribuendo con passione alla costruzione di questo progetto.
A me è accaduto, L’unica scelta che hai è non avere scelta: o il lavoro e le esigenze azienfali su tutto o la famiglia. non è giusto!!
Ciao Antonella. Non sei la sola, purtroppo, e se non si reagisce collettivamente le condizioni delle mamme lavoratrici peggioreranno sempre più. Che dire, organizziamoci e lottiamo…
Giusto Francesco, dobbiamo cominciare a riappropriarci dei propri diritti fondamentali. Dobbiamo riconoscere nei colleghi l’unica possibilità di uscire dalla solitudine e dalla sofferenza. Dobbiamo ritrovare l’unità e la capacità di rispondere a questi attacchi.
Ciao Serena, che altro aggiungere. Hai riassunto tutto ciò in cui credo!
Ci sto passando proprio ora… negozio all’interno di un centro commerciale e bimba di 19 mesi. L’allattamento ereano obbligati a darmelo, ma i festivi cercavano di farmi lavorare e le domeniche tutte. E’ davvero difficile!!
Ed ora che non ho più neanche le 2 ore di allattamento a volte torno a casa alle 21.30; e quando sto con la mia bambina???? Grazie per quello che volete fare!
Grazie a te MiKy,a tua testimonianza rafforza le nostre convinzioni.
O ci sono nonni arzilli o niente da fare lo stato deve intervenire i sindacati devono avere una attenzione particolare per questo problema
Cara Piera, sono pienamente d’accordo. I nonni non possono rappresentare lo stato sociale di questo paese. Ci vuole un welfare all’altezza. Ti assicuro che l’attenzione, almeno da parte mia, è massima. Un saluto.
Se una mamma lavoratrice vuol far valere i propri ri diritti si deve preparare al trasferimento o licenziamento! Lo stato deve punire i datori di lavoro che non applicano la legge o che discriminano le madri.
Chi tutela il datore di lavoro? Era assunta da tre anni e mezzo ed è rimasta incinta. Secondo il documento di valutazione dei rischi non poteva rimanere in piedi 8 ore al giorno ed è andata in maternità anticipata subito.
Dopo un anno di assenza ha maturato 2 mesi tra ferie e permessi, a mio carico. Tredicesima e quattordicesima, a mio carico. L’11 di febbraio si è licenziata, di sua spontanea volontà, senza preavviso. Essendo nel primo di anno di vita del bambino ho dovuto corrisponderle tre mesi per mancato preavviso anche se è stata lei a licenziarsi in tronco. E’ in disoccupazione e per due anni percepirà il 75% dello stipendio. Nello stesso tempo lavora con i voucher (?) presso un altro esercizio.
Articolo purtroppo attuale e vero…ma ricordatevi anche delle “mamme partita iva-libere professioniste”… Che non hanno nemmeno la possibilità di stare a casa e riposarsi nei mesi di gravidanza…. Io ho due figlie e un negozio/ufficio mio, se sommo i giorni di entrambe sono stata a casa 63giorni…..
Ottima osservazione!!