McDonald’s: un menù da 4,90€, il resto ce lo mettono i lavoratori

“Un menù a partire da 4,90€. Solo da McDonald’s il gusto diventa double”, ma chi la paga davvero quella convenienza della multinazionale del panino a basso costo? La risposta va cercata nelle condizioni che vivono i lavoratori.

McDonald’s è assimilabile ad una catena di montaggio, dove al posto delle rondelle e dei bulloni si “montano” panini e patatine fritte. Ma come molte teorie nacquero intorno al fatto che il lavoro altamente ripetitivo e meccanico richiesto agli operai dell’epoca nelle catene di montaggio provocasse alienazione della psiche, e disturbi motori negli operai stessi, per i lavoratori della McDonald’s i riflessi di questo lavoro “a 100 all’ora” sono gli stessi e spesso mi trovo davanti donne e uomini esausti.

Dall’ordine del cliente fino alla pulizia del locale, ogni azione ha i suoi tempi prefissati e tutto è cadenzato da procedure codificate e rigide. Ma il lavoratore? Perché lamenta di sentirsi un mero numero segnato su una matricola aziendale? La multinazionale pretende che non ci si fermi mai in attesa del cliente e questo rende la giornata intensa e stancante e il tempo è poco anche per andare in bagno. Una cassiera o un cassiere devono ricevere le merci, servire in cassa e friggere patatine. servire al banco, controllare rifornimenti e qualità, e pulire. Chi invece è “nascosto” nelle cucine deve essere in grado di preparare ogni singolo prodotto, preoccuparsi delle scadenze di tutti gli alimenti, occuparsi dei rifornimenti e pulire. E senza tempi morti.

Il tutto per vendere il massimo dei prodotti nel minor tempo possibile. Le casse, infatti, sono come il braccialetto di Amazon, monitorate costantemente per “sorvegliare” la produttività dei lavoratori. E poi ci sono i turni, croce dei lavoratori e delizia di chi deve organizzare il personale. Notturni, festivi, week-end e straordinari sono un ottimo argomento per portare a più miti consigli chi protesta o semplicemente esige un diritto.

La precarietà è un’altra forma di pressione, che si somma ai moltissimi contratti part-time. In cerca del rinnovo contrattuale o dell’aumento orario si lavorano più festivi e notturni possibili, in modo da raggiungere l’agognata riconferma. Tempi serrati, poca umanità, molto sacrificio, ma la riconferma è rara e allora sotto a chi tocca.

Insomma, un menù a partire da 4,90 è reso possibile dalla compressione feroce dei diritti e del salario dei lavoratori. L’omologazione dell’organizzazione del lavoro messa in atto dalle multinazionali del settore della ristorazione e del commercio è simile, pur se con linguaggi diversi a seconda della nazionalità dell’azienda, ha la stessa filosofia organizzativa che tende a comprimere verso il basso i salari ed i diritti dei lavoratori, finanche quello di far pipì.

Salario, abbattimento della precarietà, possibilità di passare dal part-time al tempo pieno, contenimento della discrezionalità delle direzioni, contrattazione dei tempi e dei turni, e, non ultimo, libertà di parola e di critica, queste sono le questioni in campo. Questioni aggirabili soltanto con l’organizzazione ed il conflitto nell’assoluta indipendenza.

About Francesco Iacovone

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