Paola Minaccioni è un’attrice, di quelle che non hanno trovato scorciatoie ma che si sono fatte la gavetta, quella vera. Paola Minaccioni è una mia amica, un’amica preziosa. Ieri Paola mi ha scritto a proposito della precarietà, quella precarietà che non è solo lavorativa: che fa parte di noi, dalla nascita. Quella precarietà esistenziale che ci accompagna per tutto il viaggio.
Paola mi ha regalato la possibilità di conoscerla al di là dello schermo, della cellulosa. E quando la vedo a teatro o in un film, posso leggere nelle sue paure, nelle sue insicurezze, nelle sue gioie e nelle sue certezze. Posso apprezzare il suo impegno, la sua forza e il suo coraggio. Posso intravedere la sua sensibilità infinita e la sua voglia di vivere e di sognare. Insomma, da spettatore ho una posizione privilegiata, sono seduto tra palco e realtà…
Ti voglio bene anche io, amica mia!!
Caro Francesco, ti scrivo.
Sono una precaria, non intesa come una carie in preparazione.
Sono precaria, ma non solo perché faccio un lavoro precario, la recitazione… più precaria dell’arte di imitare il vero…
Sono precaria nella vita.
Il mio umore è precario.
Pre-caria perché aspetto che mi si buchi un dente e mentre aspetto il Peggio non mangio con gusto. E’ sempre stato un po’ il problema della mia vita, aspettarmi il Peggio, che poi quando lo aspetti il Peggio, lui alla fine arriva, anche per una forma di educazione, di rispetto per te che lo stai aspettando da quando sei nata. Il Peggio, alla fine è un signore.
Sono cresciuta pensando che essere precari fosse la condizione alternativa ad una condizione naturale. La stabilità. La sicurezza. Invece non è così, è esattamente il contrario!
Essere precaria in questa vita è la cosa più banale e semplice che si possa fare, non è una condizione alternativa, è la base, è la verità. Si nasce precari! Poi ogni tanto si riesce ad essere stabili, ma poi passa, perché la precarietà è la condizione umana vera, è l’unica condizione possibile in cui nasciamo e in cui siamo costretti a vivere.
Da bambino cominciano a raccontarti favole, dicendo che tu sei e sarai per sempre stabile felice e sicuro – lo fanno per darti speranza e l’illusione di semplicità di questa esistenza. E vissero felici e contenti.
Ma non capiscono che così facendo creano solo danni. Creano delle aspettative: per tutta la vita a causa dei loro racconti illusori, inseguiamo quel sogno di stabilità che in realtà non esiste. Ci hanno detto da piccoli che la vita è così. E pensiamo di soffrirne solo noi, perché invece tutti gli altri intorno a noi sembrano sempre stabili, sicuri allegri e felici, soprattutto su facebook.
Si, ecco, forse solo su facebook esiste la vita non precaria, la vita sui social network appare una cosa razionale, con dei canoni precisi e obbiettivi da realizzare molto chiari. Bah…
Perché da piccoli non ci dicono: amore sarai instabile e ballerino tutta la vita, nulla è certo, ma tu inizia il tuo viaggio e divertiti il più possibile?
Sapere da subito di essere precario aiuta a vivere. A non sentirsi vittima di un’ingiustizia divina, a non essere sempre in affanno verso la costruzione di una stabilità che alla fine è precaria. Sapere di esserlo aiuta a stare leggeri e la sensazione di leggerezza e gioia sarà più duratura, meno precaria.
La vita è precaria, l’umore precario, gli amori precari, i desideri precari.
Ma il rispetto di sé, quello no, per quello ci dobbiamo impuntare. Quello non va fatto oscillare.
E tu lo fai difendendo i lavoratori che devono avere rispetto. Oltre al lavoro stesso, naturalmente. Ecco, io ti stimo perché difendi una delle poche cose per cui vale combattere. Il rispetto; e non solo di sé ma anche quello degli altri, per gli altri. Sei un combattente coraggioso.
Tu sì che sei cavaliere difensore dell’anti-precarietà in questa vita precaria per definizione. Un supereroe.
E vissero precari ma contenti.
Ti voglio bene.
Paola.