“Lavoro per un famoso marchio della grande distribuzione, Zara, e so per esperienza che la mia azienda è tra le migliori. Pagano gli stipendi puntualmente, ci danno bonus economici, e rispetto ad altri sono il marchio meno peggio sul mercato. Mi sento spesso invidiata da amiche che lavorano in altri negozi. E mi sento spesso dire che devo ritenermi fortunata ad avere un lavoro così. Ma io invece mi sento un cappio al collo.”
Inizia così il lungo sfogo di N.B. e quel “cappio al collo” cattura la mia attenzione. Sento che sta per esplodere, sento che l’ennesima donna è allo stremo delle forze. E sento il dovere di raccontare la sua storia, consapevole che non basterà, consapevole che servirà fare qualcosa di concreto.
“Sento la morsa farsi sempre più stretta, e guardo con ansia crescente il calendario, che come i granelli di sabbia di una clessidra sta scivolando verso una situazione senza soluzione per me. Sono una lavoratrice part time, e lavoro per Zara da più di 10 anni. In questi anni, con la fiducia del “posto sicuro” ho messo su famiglia, preso una casa, avuto due bambini. Si dice che il “lavoro nobilita l’uomo”, ma forse la donna no. A me sta togliendo tutto.”
Leggo e prevedo lo scenario di un’altra inaccettabile storia di discriminazione femminile, dove il lavoro invece che garantire l’autodeterminazione sta privando ancora una volta una persona della dignità.
“Conciliare la mia vita privata con i turni massacranti è diventato ogni giorno più difficile, fuori casa troppo tempo, assente la domenica, sempre fino a tardi la sera. Quando mio figlio aveva 4 anni ho scoperto che aveva una seria difficoltà di linguaggio, subito siamo corsi ai ripari, con una intensa terapia, che comunque sarà lunga. Non mi hanno riconosciuto la 104 ma solo una legge minore, mancano i soldi. Ancora turni massacranti, ancora sorrisi ai clienti. Il mio matrimonio è andato in crisi, e ho subito tutto il dolore della separazione sorridendo quotidianamente ai clienti. Poi arriva il divorzio e la decisione del giudice, data la cattiva condotta del mio ex marito, e il mancato pagamento degli assegni per i bambini, di riconoscermi l’affido esclusivo. Un giorno, mentre ero a lavoro confido tutto alla mia responsabile. Grazie a lei, carte del tribunale e della neuropsichiatra alla mano, chiediamo e otteniamo, temporaneamente, dei turni agevolati per l’accudimento dei bambini. Hanno detto che potevano venirmi incontro solo TEMPORANEAMENTE. Ho accettato, felice, anche se consapevole che i miei problemi non erano affatto temporanei. In questo lasso di tempo però Zara firma un contratto integrativo, dove si impegna a organizzare il lavoro in modo equo. Io mi aspetto allora che quei turni che credevo “agevolati” ma che in realtà erano semplicemente equi, diventassero stabili per me. Non chiedevo di lavorare solo la mattina quando i miei figli sono a scuola. Lavoro nel commercio e so che devo lavorare anche la sera, ma non tutte le sere! Non più sere che mattine. Turni equi per me significa due sere e due mattine, domeniche comprese. Non chiedo la luna. Penso sia possibile, visto che in altri negozi lo fanno. Ma arriva secco il No dell’azienda, da novembre non mi garantiranno più l’equità e se non mi sta bene loro possono solo propormi un trasferimento lontano da casa. Come faro’? Come porterò mio figlio a fare la terapia? Chi parlerà con la neuropsichiatra? Chi gli preparerà la cena quando sarò in negozio? Non ho soldi per una baby sitter. Né turni fissi per poter cercare un altro lavoro. Zara ha la mia vita in pugno. Il tempo scorre. Pensavo di aver diritto a quei turni EQUI. Non voglio ispirare la pietà di nessuno. Voglio farcela, ma non mi mettono nella condizione di farcela, mi stanno togliendo tutto, il tempo, la famiglia, la dignità!”
N.B. si sente disperata e non ha forze per lottare. Ma le sue colleghe sì. Altre lavoratrici, donne, madri. E so che insieme a loro tanti le daranno forza per pretendere che Zara le ridia dignità, la ripaghi del suo lavoro non solo con uno stipendio, ma mettendola nella condizione di lavorare nel modo migliore possibile.
Perché se oggi lavorare nel commercio significa questo io mi chiedo “Se questo è un lavoro per cui ringraziare Dio”. Se un part time non ha più diritto ad una turnazione equa, a turni che permettano una conciliazione con la vita privata, allora metteteci una catena alla caviglia e teneteci dentro i negozi 24 ore.
Ma il lavoro NON DEVE essere questo. E per questa ragione la storia di N.B. non può restare inascoltata.
almeno da zara esiste ancora il part time
E che soddisfazione…
No vabbè ma di cosa parliamo, io ho un lavoro part-time, un figlio di tre anni e un compagno che lavora i un’altra citta, ho chiesto di poter lavorare un po piu la mattina visto che lavoravo sempre di pomeriggio+due mattine e mi hanno detto di no. in pratica rientro sempre dopo le 7 tranne un giorno a settimana e mio figlio (fortunatamente) può stare con i nonni, ma in pratica è quasi sempre con i nonni, visto che la mattina va a scuola e io lavoro il pomeriggio. E comunque io lavoro in un SINDACATO. Quindi vabbè…. che amarezza. Mi sento fortunata per avere dei fantastici nonni.
Cara, ho letto con tristezza la tua “denuncia”, ti sono vicina ma sappi che come te tante altre donne si trovano nella stessa situazione. Ti parlo perché ho una figlia che lavora alla Conbipel (in un’altra città) che subisce la tua stessa situazione, contratto part time scelto perché ha un figlio ma di fatto il contratto e’ stato stravolto, lavora quasi tutte domeniche, l’orario a piacere del “padrone” scaricando camion pieni di scatoloni pesanti. Spesso si trova a lavorare da sola ( e se si sentisse male??).
Buongiorno il problema e’che di noi commessi non importa niente a nessuno siamo solo oggetti, anch’io lavoro in un negozio di abbigliamento di Roma non vengo pagato da tre mesi, pero non abbiamo il diritto di autolicenziarsi perché se no non prendiamo la naspi e la proprietà in difficoltà economica va avanti riducendo il locale è salvare il loro culo, e non rispettando noi . Vi premetto che ho 54 anni mi ritengo un professionista nel campo del abbigliamento dopo 34 anni di servizio e io e i miei colleghi siamo trattati come oggetti
Certo che spetta la Naspi, in caso di dimissioni per giusta causa (ovvero mancato pagamento dello stipendio). Si rivolga ad un sindacato,vedrà che le spiegheranno come fare
Anche io commessa. In un centro commerciale. Turnazioni che vanno dalle 7.30 alle 22.30. Aperti SEMPRE. Tranne Natale e Pasqua. Non esiste domenica. Non esiste festività. L’unica cosa positiva è che si imparano ad apprezzare le piccole cose: il poco tempo passato il proprio compagno, il pranzo di sfuggita con mia madre. La domenica a casa dopo mesi che vuoi vivere al massimo; sicuramente da non passare in un centro commerciale. Una sicurezza c’è… sarà sempre peggio!
Mia nuora e mio figlio lavorano nei supermercati e tante domeniche fanno lo stesso turno. Noi nonni ci facciamo 35 km, lo andiamo a prendere, ce lo portiamo da noi e poi glielo riportiamo… sono dei massacri x i genitori… denunciate ragazze… prima o poi faranno una legge per potervi dare turni adeguati… Io da giovane mi licenziai perché non ce la facevo a sopportare questa situazione …VERGOGNA PADRONE
Anche io lavoro da 19 anni in Ovs e la situazione è uguale se non peggio. Lavoro da 10 anni part-time solo pomeriggio e di turnare con mattina o intervallo non se ne parla proprio, invece le part-time inervalliste, possono avere turni la mattina e la sera. Mi sembra un po’ strano visto che mi hanno risposto che le part-time serali non possono turnare invece le intervalliste si. Mah vai a capire il modo di gestire di quest’azienda. Anch’io ho due bimbi e tutti e due cresciuti dalle nonne. Sono separata anch’io e mi è stato risposto:”se vuoi questi sono i tuoi turni altrimenti…”. Capito????? Come al solito sono loro le grandi aziende che ci hanno in pugno.
Sono tutti uguali gli aguzzini. Mia figlia ha detto che lei bambini non ne fa; ecco perché. Che senso ha creare una famiglia per non vederla crescere? Adesso che i miei figli sono adulti hanno ancora bisogno di me perché non c’è lavoro che ti permette di progettare. Dove volete che vadano con stipendi part time a tempo determinato?
Ma noi donne sessantottine, dove siamo? Non è certo questa la libertà per cui abbio lottato. I nostri figli stanno pagando troppo caro il benessere senza fine di alcune aziende e di molti Direttori. Cosa aspettiamo? Togliamoci “le pantofole” e lottiamo di nuovo per dare dignità e lavoro ai giovani e ridare a noi quell’ ormai antico sogno. Ne vale la pena.
Anche da roadhouse tutti i dipendenti rinunciano alla propria vita.part-time tutti turni spezzati e tutti sabato e domeniche.stipendio ridicolo. Nuovo livello di schiavitù moderna per la maggior parte della popolazione
Si chiama turbocapitalismo, massacro dello stato sociale in favore delle élite, liberismo : il mostro che sta uccidendo la vita delle persone si chiama profitto, dumping salariale. Nel (poco) tempo che vi rimane cercate di leggere dei testi che parlano di economia (es. Il tramonto dell’euro di A. Bagnai) vi chiariranno molte cose. Bisogna sapere.
La vita è complicata per tutte… il lavoro… tanto lavoro, porta a zero la vita familiare… ma se tu non lavorassi non potresti farli mangiare i tuoi figli… e non avresti neanche ottenuto l’affidamento. Non mi sento fortunata neanche io a lavorare e a sentirmi schiava del “sistema” senza la possibilità di avere tempo… ma il tempo senza sussistenza è niente. Se con tuo marito è finita… il problema era tuo marito… non un turno di lavoro massacrante perché avrebbe dovuto capirti e aiutarti… secondo me non è Zara ad aver in pugno la tua vita… è la vita che spesso ci scivola tra le mani perché siamo costrette a stare dentro meccanismi perversi che ci consumano. Ti auguro di trovare la strada… in bocca lupo
Spero che qualcuno aiuti noi povere commesse. Ma ne dubito…..