Il mare, che sia estate o inverno, mattina o sera, all’alba o al tramonto, che ci siano gli scogli o una lunga distesa di sabbia, non smette mai di stupire chi lo guarda. Ma io oggi non lo passo guardare. È domenica, sono una commessa e devo lavorare a centro commerciale.
La via Cristoforo Colombo, che per i romani è la via che porta al mare, è piena di auto in coda. Anche io sono in coda, ma la mia fermata è il parcheggio di Euroma2, un mega mostro di cemento a ridosso del Raccordo Anulare. Un’architettura che ricorda vagamente il Titanic, sfarzoso e pieno zeppo di fanatici dello shopping e curiosi passeggiatori che non acquisteranno nulla ma avranno trovato il modo di buttare una domenica delle tante.
E allora cerco un antidoto alla depressione, all’idea di passare un’intera giornata dentro quelle quattro mura sempre uguali, a sentire i rimbrotti del capo mentre assecondo le richieste più assurde e mi difendo dall’ignoranza di molti clienti.
Mentre parcheggio al livello -1 ― colore giallo ― fila 13, mi immagino di essere arrivata a Ostia, allo stabilimento di quando ero bambina. E la colonna accanto alla mia panda si trasforma in una duna di macchia mediterranea. Scendo dall’auto e prendo il mio porta pranzo. Sì, lo so, dentro c’è una scatoletta di tonno e qualche fagiolino condito, ma per me oggi si trasformeranno in pomodori al riso e anguria fresca.
Mi dirigo negli spogliatoi, che nella realtà sono una lunga fila di armadietti d’acciaio, ma oggi li vedo come fossero una fila di cabine di uno stabilimento balneare, bianche e azzurre. Il camice che indosso è un bel costume pastello e le pesanti scarpe antinfortunistiche sono delle infradito colorate.
E corro, corro verso il mio ombrellone. È quello più vicino al mare, che se ti sdrai sul lettino gli spruzzi delle onde ti rinfrescano il viso. Mi chiama il bagnino a gran voce, “Comunicazione di servizio: Sonia C. è attesa in cassa 4”.
Tutto intorno a me mi parla del mare: i bimbi in fila con le mamme costruiscono castelli di sabbia, il vociare della gente si mischia col suono delle onde e la grande luce a led che illumina il centro commerciale sembra scottare, come il sole.
Avrei quasi voglia di farmi il bagno, di vedere mio figlio che nuota, mentre mio marito che si rilassa con gli amici. L’odore dello iodio mi pervade e l’orizzonte sembra non finire mai… Ma… poi… acc… “Sonia, il resto. Hai sbagliato con il resto e il signore si è venuto a lamentare”…
Poi torno alla realtà, non siamo al mare: è domenica, faccio la commessa e sono prigioniera di un centro commerciale.