Ho appena pranzato a via Tuscolana, a Roma. Un buon caffè ed una sigaretta, i pensieri al vicino otto dicembre, la data che dà ufficiosamente il via allo shopping natalizio. Sono appena tornato dal pranzo e la mia stanza mi accoglie con un insolito tepore e tanta luce, il sole passa prepotente tra le persiane mentre borbotto tra me e me: “non sopporto le contraddizioni!”
A via Tuscolana, come in molti quartieri della città e nei grandi centri commerciali accovacciati sulle periferie, a ridosso del Raccordo Anulare, l’atmosfera è natalizia nonostante la guerra alle porte, nonostante una crisi economica profonda e strutturale. A Roma, come in gran parte delle grandi città italiane, comincia a diffondersi la corsa al regalo di Natale. È infatti all’inizio del mese che i Comuni iniziano a montare le tradizionali luminarie natalizie nelle strade cittadine ed i commercianti allestiscono le vetrine dei loro negozi ispirandosi, in modo più o meno creativo, al tema del Natale.
L’otto dicembre, però, non è soltanto l’inizio dello shopping Natalizio. E anche l’inizio dell’inferno per i tanti lavoratori del commercio. L’inizio di un lungo conto alla rovescia che li condurrà all’agognato 24 dicembre stremati, all’annuncio di chiusura della vigilia che porrà fine ai loro tormenti e accompagnerà gli ultimi clienti fuori dal negozio. Un urlo di gioia che rimbomberà nel loro luogo di lavoro ormai vuoto, un veloce scambio di auguri e tutti di corsa a timbrare rapidamente l’uscita per arrivare puntuali al cenone.
Commesse e commessi che saranno obbligati a lavorare per tenere aperti centri commerciali e megastore. Giorni intensi e faticosi fatti di festività nazionali e riposi domenicali di fatto soppressi, di turni massacranti, di alienazione dei tempi di vita. Insomma, i lavoratori del commercio vengono sistematicamente privati anche dei diritti più elementari come quello al riposo e alla gestione della quotidianità, al poter trascorrere una festività con i propri cari.
Ma torniamo all’otto dicembre e alle contraddizioni che hanno rapito i miei pensieri: a quella festa nazionale che celebra l’Immacolata Concezione di Maria, e segna anche simbolicamente l’ingresso nel periodo natalizio. Per tradizione è considerato un momento da trascorrere in famiglia, come un anticipo di Natale.
L’otto dicembre è il giorno del presepe. E’ quindi un’usanza diffusa in molte famiglie, quella di restare in casa tutti intenti alla costruzione del migliore scenario per sistemare la capanna, alle prese con carta pesta, neve artificiale e statuine. Fra le usanze tipiche legate all’otto dicembre c’è anche quella dell’albero di Natale che in questo giorno di festa, con tutta la famiglia riunita, viene addobbato e decorato. Oltre all’albero, che tradizione vuole venga anche illuminato dalla luce delle candele, si decora tutta la casa con ghirlande, festoni e decorazioni tipiche. Insomma, tradizioni sacre e profane che si mescolano al calore familiare.
Ed ecco la contraddizione: quanti politici andranno a protestare per tutti quei lavoratori che perderanno questa tradizione? Quante polemiche innescherà questo abominio? I figli dei lavoratori del commercio, non sono gli stessi bambini che frequentano le stesse scuole per cui c’è stata la levata di scudi dei genitori, dei presidi e degli insegnanti? Non sono gli stessi bambini che hanno mobilitato, a loro insaputa, manifestazioni patetiche?
Fiumi di parole in TV e sui social; e a Rozzano c’è stato finanche un presidio davanti alla scuola elementare che ha innescato le polemiche, con Matteo Salvini che ha portato un presepe e ‘volantinato’ cd con i canti di Natale. Con Mariastella Gelmini che ha intonato “Tu scendi dalle stelle”. Con Ignazio La Russa che è arrivato con le bandiere di Fratelli d’Italia ed è stato contestato.
Ecco, questa è la contraddizione che questo tiepido sole ha portato alla luce dei miei pensieri. Le tradizioni sono tali soltanto se servono ad arricchire le tasche delle multinazionali. Dei bambini, dei valori e dei diritti dei lavoratori non frega un cazzo a nessuno.
Ai lavoratori del commercio, però, una cosa la voglio ricordare: il lavoro festivo non è un obbligo, e martedì 8 dicembre potete fare festa. La disponibilità al lavoro festivo è una scelta libera e la conferma è arrivata dalla recente sentenza della Corte di Cassazione, secondo la quale il datore di lavoro non può imporre al dipendente di lavorare in una giornata festiva e definisce illegittima l’eventuale sanzione disciplinare a punizione del rifiuto al lavoro festivo, se non vi sia stato preventivamente un assenso di quest’ultimo. Alla faccia del Decreto “Salva Italia” del Governo Monti.
Quindi, date retta a me, quest’anno fatevi un regalo e restate a casa con i vostri cari, con i vostri figli. Così.. per rispettare la tradizione tanto cara anche ai politici!!