Di fronte al cancello dell’emporio della Caritas, in via Casilina, a Roma, la fila per gli aiuti alimentari comincia alle quattro del mattino. Ed è lì che L’Espresso, con la sua bellissima inchiesta “La fame”, ha incontrato Alessandra, commessa di un supermercato per ben 17 anni, finché è stata licenziata per la sua gravidanza e la direzione della grande catena di distribuzione le ha comunicato che il suo stato era incompatibile con i turni serali e il lavoro dei giorni festivi.
Alessandra attende il suo turno con la fierezza delle madri che proteggono la specie. Il suo viso sembra dire: mi vergogno, ma per i miei figli sono pronta al sacrificio estremo, anche alla mortificazione di tendere la mano e chiedere pane e latte.
Lo sguardo di Alessandra è un misto di fierezza e timore. È nuova all’emporio, si guarda intorno per capire cosa prendere e dove. All’emporio della Caritas non girano soldi, a ogni alimento sono associati dei punti, così come punti sono associati ad ogni famiglia, sulla base dell’ISEE, del numero di figli. Più figli più punti, meno entrate più punti. È il punteggio della vulnerabilità. Quando il carrello è pieno si va alla cassa, come al supermercato, così chi ha bisogno non riceve passivamente, ma mantiene la dignità di un gesto semplice, che significa autonomia, significa amor proprio: l’azione della scelta.
Alessandra, ormai disoccupata, ha cominciato a lavorare come badante per un anziano solo. Ma in nero. O così o niente. E quindi così. Ed è stata badante, addetta alle pulizie e tuttofare per quattro anni e mezzo, finché l’epidemia non l’ha messa alla porta. “Grazie, se abbiamo bisogno ti cerchiamo noi”, e così si è concluso il rapporto di lavoro sommerso di Alessandra, senza una buonuscita, un preavviso, un sussidio, niente: “I lavoratori come me non esistono, i bisogni di mia figlia sì”.
Aurora, sette anni, è lì con lei, mentre Alessandra parla lei cammina curiosa tra gli scaffali, sceglie le merendine e sorride. Si vedono le pieghe del sorriso intorno agli occhi, due dita sopra la mascherina gialla coi disegni dei supereroi. Alessandra ha l’aspetto di chi sacrifica tutto. Non esiste la cura dei capelli, la pelle indurita dal lavoro, le mani che conoscono la fatica, le scarpe consumate fino al punto di rottura, la compostezza, il decoro di chi non ha mai chiesto e nell’aiuto degli altri si sente smarrito: “Quando vedi che non hai niente da dar da mangiare ai tuoi figli trovi il coraggio di chiedere la tessera alimentare e ti senti impotente, perché un minuto prima potevi mantenere tutto, e poi sei bloccata”.
Ecco, questa è la storia di Alessandra, ma potrebbe diventare la storia di ognuno di noi. Una gravidanza, il licenziamento e d’improvviso ci si ritrova ai margini. Esclusi da una società basata sui consumi che non concede sconti. In bocca al lupo Alessandra, di cuore!